Pescara, licenziata ingiustamente dal market: la dipendente riavrà il suo posto

Pescara, licenziata ingiustamente dal market: la dipendente riavrà il suo posto
di Stefano Buda
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Martedì 11 Febbraio 2020, 16:40
Riavrà il suo posto la dipendente del gruppo Conad che nel luglio del 2018 era stata licenziata dal supermercato di Pescara presso il quale lavorava. Il giudice del lavoro Andrea Pulini ha infatti respinto il ricorso dell’azienda contro la sentenza che aveva dichiarato illegittimo, per assenza dei presupposti giustificativi, il licenziamento della lavoratrice. La donna, assistita dall’avvocato Vincenzo Brunetti, era stata assunta tempo prima con mansioni di assistente alle vendite e fino al marzo del 2018 era stata impiegata nel reparto sala-magazzino. Successivamente, per circa un mese, aveva lavorato nel reparto pane-pasticceria e infine, fino all’interruzione del rapporto, nel reparto casse.

Il 14 luglio venne formalizzato il licenziamento, per necessità di riduzione dell’organico nel reparto casse, dove da poco era stata trasferita. In quell’occasione era stata comunicata la soppressione di quattro posti di lavoro, che l’azienda motivò con il calo di attività e la riduzione del volume d’affari registrato a partire dal 2017. Secondo il giudice del lavoro, tuttavia, è stato violato l’obbligo di repechage, «poiché la dipendente, pur legittimamente adibita alle casse all’epoca del licenziamento, avrebbe potuto (in luogo del licenziamento) essere ritrasferita al reparto panetteria, dove aveva già lavorato ed era disponibile la posizione di lavoro contestualmente coperta con una nuova assunzione». La società che gestisce il supermercato, infatti, poco prima di licenziare la dipendente, aveva assunto un’altra lavoratrice come apprendista nel reparto panetteria. «Assunzione dunque operata in un momento – scrive il giudice del lavoro - in cui la situazione di crisi era già conclamata e la società aveva già deciso di procedere a riduzione di personale, per il medesimo reparto in cui la ricorrente aveva già lavorato nell’aprile 2018, e per le medesime mansioni dalla stessa già svolte».

Una condotta che il tribunale ha giudicato «inidonea a integrare un giustificato motivo di licenziamento». La società è stata inoltre condannata a risarcire la dipendente per il periodo di inattività, attraverso il pagamento di una somma commisurata all’ultima retribuzione e il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, per un arco temporale che va dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione.
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