Il passato racconta/ Castello Cantelmo e Pettorano sul Gizio

Castello Cantelmo e Pettorano sul Gizio
di Marianna D'Ovidio
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Venerdì 24 Giugno 2022, 20:00

L'AQUILA Pettorano è un paese dall’aspetto radioso situato lungo la Statale 17 che collega Sulmona a Roccaraso. L’abitato è disposto su una dorsale longitudinale che conferisce al centro una straordinaria conformazione “a due facce”. Sul versante Ovest il paese digrada sulla vallata del Fiume Gizio con i suoi flutti di acqua purissima appena usciti dalla vicina sorgente, su quello ad Est apre agli antichi percorsi legati alla transumanza, oggi trasformati in vie di attraversamento.

Pettorano restituisce l’aspetto di un borgo fortificato difeso da sei porte (oggi cinque) che offrivano l’accesso all’abitato. A dominare il paese è il Castello Cantelmo, un maniero imponente inserito in sistemi ottici di avvistamento che interessavano i castelli vicini e lo rendevano baluardo strategico della Valle Peligna, laddove questa introduceva alla Valle del Sangro. Il monumento prevede due elementi architettonici diversi: una torre pentagonale centrale più antica e una cinta muraria mistilinea esterna e successiva. Il mastio centrale governava l’intero complesso e aveva funzione di puntone, mentre la cinta muraria prevedeva l’inserimento di due torri circolari di differente diametro, introdotte sia per rispondere alle nuove tecniche ossidionali sia per praticare la difesa di fiancheggiamento. Il Castello Cantelmo dunque prevede una diacronia di elementi architettonici di difesa, ognuno riconducibile ad una specifica tecnica di assedio.

La prima attestazione riguardante le più antiche strutture difensive risale al 1093. Tra il 1154 e il 1161, durante la dominazione normanna, il Castello fu retto Oddone di Pettorano che lo presiedeva con una  fazione costituita da sette militi. Durante il periodo di Federico II, al tempo in cui l’imperatore Svevo imponeva la sua giurisdizione a dispetto di qualsiasi forma di autonomia locale (esempio ne sia la distruzione del castello di Celano) il Castello aveva funzione di baluardo e venne affidato a Federico di Antiochia, figlio dell’imperatore. Il mastio tuttavia raggiunse il periodo di massimo splendore al tempo degli angioini che ne affidarono la reggenza ad Amiel d’Agoult, identificabile con Amelio di Corbano, imparentato con Carlo d’Angiò. Per via di politiche matrimoniali, all’inizio del XIV sec. d.C. il maniero passò nelle mani dei Cantelmo, famiglia provenzale scesa in Italia al seguito degli angioini, che si estinse nel 1749. E’ a seguito di questi fatti che il Castello passò alla famiglia dei Tocco di Montemiletto, di cui un rampollo sposò l’ultima dei Cantelmo. Il Castello è visitabile ed è adibito a Museo e a centro polifunzionale per la collettività.

Nella valle, in riva al Fiume Gizio sorge oggi un sito di archeologia industriale costituito da tre antichi mulini e da una gualchiera/ramiera. Furono attivi tra il XVI e il XIX secolo ed appartenevano alla famiglia Cantelmo, alla famiglia Destephanis e all’Università di Pettorano. Oltre alle normali attività previste, dalla documentazione archivistica emerge che gli opifici erano utilizzati anche per la produzione della polvere da sparo e per la lavorazione dei tessuti.

La maggior parte delle strutture è stata interessata da restauri che ne hanno ricostruito in parte il complesso sistema di lavorazione. Nello stesso luogo sorge anche il Giardino Botanico dedicato a Pasquale Gravina, un pettoranese illustre, medico e botanico ricordato perché a lui si deve il nome scientifico di una pianta erbacea tipica del vicino Monte Genzana.

Pettorano è articolato in diverse piazze che affacciano sulla vallata, la più importate è quella in cui sorge il Palazzo Ducale, oggi sede comunale, valorizzata da una fontana centrale tardo rinascimentale. Vi invitiamo a visitarlo, armati solo della voglia di scoprire cose belle!

Marianna D’Ovidio

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