Ragazzina contagiata da epatite dopo lo stupro: condannato a 10 anni operaio della Ricostruzione

Ragazzina contagiata da epatite dopo lo stupro: condannato a 10 anni operaio della Ricostruzione
di Marcello Ianni
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Giovedì 23 Giugno 2022, 08:18

Costretta quando era minore a subire violenze sessuali sotto la minaccia di morte dalle quali ha contratto l'epatite Hbv con importanti ripercussioni sul fegato. L'inquietante vicenda giudiziaria avvenuta in città nell'aprile del 2015 e che ha avuto protagonista G.B. di 48 anni, originario di Cosenza ma residente in città (assistito dall'avvocato aquilano Bruno Fracassi iscritto al Foro di Torino) operaio edile impegnato nella ricostruzione post terremoto, è stata definita due giorni fa dal Tribunale dell'Aquila, riunito in sede collegiale che ha condannato l'uomo alla pena di 10 anni di reclusione per violenza sessuale su un minore mentre è stato assolto dalle lesioni gravi.


Secondo l'accusa l'imputato avrebbe approfittato dell'assenza prolungata della mamma di Maria (nome di fantasia) all'epoca dei fatti 13enne, per compiere diverse violenze sessuali. La ragazzina portata nell'abitazione dell'imputato, in via San Sisto, sarebbe stata costretta a subire le violenze con la minaccia di essere uccisa. Atti che sarebbero avvenuti all'interno dell'auto dell'imputato chiusa a chiave dall'interno e a Pianola, presso un'abitazione disabitata come raccontato drammaticamente in aula dalla stessa parte offesa (oggi maggiorenne assistita dall'avvocato Sabrina Pasquini del Foro di Perugia).

Punto dibattuto in aula l'infezione contratta dalla parte offesa a seguito dei ripetuti rapporti non protetti che avrebbero portato come conseguenza «un indebolimento permanente del fegato».

Per l'accusa l'imputato che avrebbe consumato «rapporti sessuali plurimi e ripetuti non protetti» era a conoscenza del proprio stato di salute, secondo la difesa no. Proprio l'avvocato Fracassi ha dimostrato come i rapporti dell'operaio con la minore si fossero definitivamente interrotti con il ricovero in ospedale del proprio assistito e che fino a quel momento non sapeva di aver contratto l'infezione, ma solo di avere febbre.

Dito puntato da parte del legale sia sulla condizione di promiscuità in cui la minore viveva in quel periodo all'interno dell'appartamento tra familiari, parenti ed altri amici, che avrebbero potuto trasmettere l'infezione di conseguenza anche all'imputato, sia sulla circostanza che la ragazzina non è stata mai visitata e che la vicenda abbia ruotato solo sulle dichiarazioni della stessa, ritenute dal Tribunale, circostanziate e attendibili. Al termine della requisitoria il Pm, Marco Maria Cellini ha chiesto la condanna dell'imputato alla pena di 12 anni e mezzo. Il 48enne oltre a pagare una provvisionale di 30mila euro alla parte offesa, è stato condannato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, in tutti i luoghi pubblici o privati che hanno a che fare con i minori, nell'ambito della curatela, del sostegno e tutela sui minori, e il divieto per un anno di avvicinarsi nei luoghi frequentati dai minori.
 

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