La magia del "10", gli arrosticini, il sisma, Rigopiano, l'Abruzzo migliore: la favola del Giro

La magia del "10", gli arrosticini, il sisma, Rigopiano, l'Abruzzo migliore: la favola del Giro
di Stefano Dascoli
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Sabato 18 Maggio 2019, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 09:48

L'AQUILA - E’ stata una tappa stupenda. Per i contenuti agonistici, ma anche per quelli emozionali. Il decimo arrivo all’Aquila a dieci anni dal sisma. La perfezione, come nella simbologia esoterica del numero. Il Giro ha avuto il merito di raccontare all’Italia le bellezze dell’Abruzzo, in molte forme. Ma soprattutto la voglia di rinascita di un territorio che, forse, vive le stesse sensazioni di uno scalatore a pochi chilometri dall’arrivo dopo una lunga e sfiancante salita. L’Aquila e l’Abruzzo hanno fatto vedere il loro lato migliore. Le proverbiali forza e gentilezza, ma anche la tenacia e la caparbietà, la capacità di stare insieme, di accogliere, di festeggiare, di sorridere, di guardare al futuro. Una metafora della vita che il ciclismo incarna alla perfezione.

I colpi di scena continui della tappa, abbinati agli stacchi su paesaggi e panorami, hanno finito per creare un’alchimia unica e appassionante, mai noiosa o banale. Come, d’altronde, insegna la storia della corsa rosa qui in Abruzzo. Il terremoto è stato il leit motiv di questo lungo racconto che nessuno avrebbe potuto neanche immaginare di scrivere in questa maniera. “Il viaggio nell’Italia del Giro” ha mostrato le crude immagini di quella notte, corredate da alcune veloci testimonianze. Un colpo al cuore. Si è parlato dei lavori da terminare, dei fondi ancora da stanziare.
 

 

Si sono visti le gru in centro storico, alcuni palazzi ancora puntellati, ma anche Piazza duomo quasi “libera”, la chiesa delle Anime Sante, la facciata di San Bernardino, il lungo tricolore di Jemo ‘Nnanzi (con un perdonabile errore di pronuncia del telecronista), lo splendido Emiciclo divenuto quartier generale della tappa.

A rapire lo sguardo sono state soprattutto le riprese aree. I paesaggi mozzafiato, i borghi antichi, il mare della costa e le verdissime colline dell’interno. E poi l’indugiare sui monumenti, la Santissima Trinità di Popoli, l’abbazia di San Clemente a Casauria, a Castiglione, le tante chiese disseminate tra un paese e l’altro, in un meraviglioso alternarsi tra le asperità e le tradizioni, tra la rigogliosità dell’ambiente e la vitalità delle popolazioni, tra la quiete del mare e la durezza dei monti ancora imbiancati dalla neve fin quasi dalle pendici. Splendida e maestosa la carrellata che ha immortalato il Gran Sasso. L’ironia l’ha fatta da padrone. C’è chi ha improvvisato la cottura degli arrosticini lungo strada, con tanto di offerta alla carovana. C’è chi ha corso in mutande sulle svolte di Popoli, a dorso nudo. C’era il solito Garibaldi, alla sua 61esima partecipazione al Giro.

La risposta dell’Aquila, come del resto quella di Vasto e di tutti i comuni toccati dal percorso, è stata esaltante. Complici i favori del clima, la città ha dimostrato chiaramente che vuole tagliare il suo traguardo, inteso come ricostruzione e come ritorno alla normalità. Tantissime famiglie con bambini all’arrivo e lungo strada. Un abbraccio corale, sentito, vivo, entusiasta. Va dato atto a Maurizio Formichetti e ai tecnici di Rcs di aver disegnato una tappa eccezionale. Con un percorso vivace e significati profondissimi. L’arrivo nel centro storico, in occasione del Decennale, ha avuto il senso di tendere una grandissima mano, di dimostrare all’Italia intera, con uno spot di impatto clamoroso, che qui si è sofferto, ci sono state difficoltà, ma con un ultimo, deciso sforzo, si potranno finalmente levare le braccia al cielo. Ed è difficile immaginare qualcosa meglio del Giro per incarnare questi concetti.

Speranza, ma anche cordoglio e memoria. Per le vittime del sisma e per quelle delle altre tragedie. Rigopiano in primis. I loro nomi sono stati fissati nella pettorina dell’abruzzese Giulio Ciccone.

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