Ha cominciato che era uno scricciolo, era minuta e puntigliosa. E, con un chiodo fisso... «Avevo cinque anni – spiega – quando, dopo aver pianto per mesi, convinsi mio padre a portarmi in mare. Lo sentivo uscire ogni giorno prima dell'alba. Mi alzavo e lo supplicavo. Per un po’ non c’è stato niente da fare. Ma ad un certo punto, forse stanco delle mie lacrime, ha ceduto. L’idea, sua, era di dissuadermi: credeva che, di notte, lì, tra onde grosse e nere, mi sarei spaventata e avrei rinunciato». Invece dalla barca non è più scesa. «Quel primo giorno, scrutando l'immensità che mi circondava, mi sono chiesta: “Ma quanto è grande?”».
Il nonno era un capostazione originario di Poggio Imperiale: ai primi del ‘900 fu trasferito al casello di Casalbordino. Così pure suo padre, Donato, finì a lavorare nelle Ferrovie. Ma nel ’34 si è sposato e si è licenziato. «Con i soldi guadagnati e le 3 mila lire portate in dote da mia madre Elena ha acquistato la prima barca. Con lui, da queste parti, è attecchita la tradizione della pesca». Che lei porta avanti. «A 14 anni mi ha affidato per la prima volta i remi. “Vai a ritirare le nasse delle seppie”, mi ha ordinato col buio. Ero sola, e fiera. Ho riportato indietro quel che mi è stato chiesto, senza difficoltà. E ho avuto la sua definitiva benedizione... “Ti sei maritata col mare…”, ha sentenziato».
E, da quel dì, lei è stata e resta... la sposa del mare. Per diventare ufficialmente pescatore ha dovuto attendere la legge sulla parità dei sessi, precisa. «Prima ero abusiva. Appena avuto l'opportunità mi sono presentata negli uffici della Capitaneria di porto ad Ortona e ho avviato le pratiche. Erano maschi e tutti scettici - riferisce -. Ho superato le prove di abilità e gli esami. E hanno dovuto concedermi la licenza e farmi iscrivere al registro dei pescatori». La prima in Abruzzo, forse anche in Italia.
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