Poi l’uomo si è soffermato su alcune delle accuse. In un caso, ad esempio, le molestie sarebbero avvenute nel corso degli allenamenti, durante l’impostazione della battuta. «Il baseball ha delle difficoltà tecniche, a differenza di qualunque altro sport: mi limitavo semplicemente a stare dietro di lui, a tenergli i fianchi e a bloccare i piedi a terra in modo che lui non portasse tutto il peso in avanti. L’ho toccato solo per impostare la corretta posizione con la mazza da baseball». In un altro caso, le violenza si sarebbero consumate in un albergo di Jesi, durante una trasferta. «È stato il bambino ad insistere per esserci anche se non impegnato nell’attività agnostica - ha ribattuto l’imputato -. Ha dormito con me perché non c’era posto con gli altri ragazzi».
E ancora: «Per quanto riguarda gli altri ragazzi, faccio presente che toccarli nel pulmino senza che gli altri se ne accorgessero era impossibile. È vero che qualche ragazzo mi ha accompagnato a casa di mia madre, ma in quelle occasioni non è accaduto niente. Preciso che, a volte, era presente anche mia mamma». La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dell’allenatore, dopo che certificazioni mediche hanno attestato le violenze e un perito ha ritenuto clinicamente attendibili i ragazzini. «Se io sono quello che loro dicono - ha sostenuto ancora l’imputato davanti al pm - perché questi ragazzi mi chiedevano continuamente di andare a prenderli? Se io sono quello che mi descrivono, perché questi ragazzi dovevano passare con me il Capodanno, il lunedì di Pasqua? Perché non stavano a casa con i propri genitori e, invece, volevano stare con la squadra e con gli altri genitori?». L’inchiesta della polizia è scattata quando il poliziotto dell’ospedale, ricevuta una confidenza da un’infermiera, ha invitato immediatamente in pronto soccorso la madre di uno dei bimbi. La donna, disperata, ha ricostruito l’intera vicenda e sono partite le difficili indagini della seconda sezione della Squadra mobile di Chieti, che hanno permesso di allargare il cerchio dei ragazzini abusati. Le famiglie delle vittime sono rappresentate dagli avvocati Monica D’Amico, Teresa Laviola, Maria Teresa Pierfelice, Claudia Ottaviano e Vittorio Iovine.
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