Agenza delle entrate, funzionario “infedele” rischia di dover restituire 21 milioni

Agenza delle entrate, funzionario “infedele” rischia di dover restituire 21 milioni
di Marcello Ianni
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Giovedì 5 Marzo 2020, 09:38
Giovanni I., capo del settore legale e di fatto il numero due dell’Agenzia delle entrate di Pescara, arrestato quattro anni fa per corruzione per atti contrari a doveri d’ufficio, rischia di dover restituire allo Stato 21 milioni di euro e altri 50 mila euro per danno da disservizio. Sulla su richiesta della procura si pronucerà la sezione giurisdizionale della Corte dei conti dell’Aquila.

Ex reggente della sede pescarese e vice segretario nazionale del sindacato Confsal-Salfi, a Giovanni I., un dirigente pubblico assai noto negli ambienti economici pescaresi, è stato contestato l’aver chiuso entrambi gli occhi durante i tavoli di conciliazione giudiziale tra imprese del territorio e l’amministrazione di appartenenza, in «uno spudorato svolgimento di attività indubbiamente illecite», stigmatizzano i magistrati contabili.

Un danno erariale secondo la Procura regionale della corte dei conti dell’Aquila, con una cifra che non va considerata «iperbolica» ma reale, frutto della differenza tra quanto dovuto «peraltro nella misura minima» e quanto incassato da parte dell’Agenzia delle entrate a seguito delle conciliazioni compiacenti gestite dal dirigente. Milioni di euro utilizzati da Imparato, secondo l’accusa, «per acquistare immobili per sé e per i figli, sostenendone le rate dei mutui al di là delle possibilità che avrebbe avuto in base ai suoi soli emolumenti, atteso che nessuno dei due figli aveva reddito autonomo».

Sotto la lente di ingrandimento sono finite in particolare quattro conciliazioni, che hanno portato lo Stato a non incassare la considerevole somma di 21 milioni di euro. Secondo le indagini portate avanti dal nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle, il dirigente oltre ad aver suggerito a commercialisti e società via via coinvolti nei contenziosi tributari le più opportune strategie difensive, avrebbe egli stesso provveduto a scrivere parti delle memorie difensive o comunque atti nell’interesse del contribuente, ponendo in essere un comportamento in palese violazione dei doveri di efficienza, imparzialità e trasparenza che dovrebbero caratterizzare la pubblica amministrazione, mostrandosi pronto ad asservire la propria funzione agli interessi privati, a danno dell’Erario ed a proprio vantaggio.
 
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