Cinque anni di reclusione, non un mese e un giorno di meno, l’interdizione perpetua alla tutela e quella ai pubblici uffici per cinque anni, oltre al pagamento delle spese processuali e il risarcimento alle vittime (madre, padre e figlia), rappresentate dall’avvocato Alessandro Tucci, da decidere in separata sede. La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato ieri la condanna a carico di A.C., cinquantotto anni, già condannato in primo grado dal tribunale di Sulmona nel 2018 per atti sessuali nei confronti di una minorenne.
La vittima, al tempo, nel biennio tra il 2011 e il 2013, aveva solo dieci anni e fu oggetto secondo l’accusa di ripetute e oscene attenzioni da parte dell’uomo che, approfittando dell’amicizia di famiglia, aveva sottoposto la bambina a morbose attenzioni per due anni: baci rubati, abbracci, sguardi ammiccanti e barzellette spinte.
Poi la decisione della ragazzina di uscire dalla “gabbia”, di raccontare tutto prima ai suoi genitori e poi alla moglie dell’uomo: «Che sembrava buono, ma che buono non è» aveva poi testimoniato la ragazza ai giudici.