Abruzzo zona arancione, Marsilio: «Siamo meglio di alcune regioni gialle, io non richiudo»

Abruzzo zona arancione, Marsilio: «Siamo meglio di alcune regioni gialle, io non richiudo»
di Stefano Dascoli
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Martedì 8 Dicembre 2020, 07:14 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 01:07

«Non so, magari c'è qualche sceriffo rosso scatenato, in giro per pelletterie o negozi di abbigliamento, a cercare chi si è contagiato per colpa mia». Il governatore abruzzese, Marco Marsilio, è durissimo. Parla apertamente di «toni intimidatori e minacciosi» dopo la diffida che ha ricevuto dai ministri Boccia e Speranza, che ipotizzano addirittura responsabilità penali per l'ordinanza con cui ha fatto uscire anzitempo, ieri, la regione dalla zona rossa, per riportarla in arancione. E, ovviamente, non ha alcuna intenzione di ritirare quell'atto firmato domenica sera.

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Presidente Marsilio, il governo sostiene che se qualcuno, in queste 48 ore con cui lei ha anticipato l'uscita dell'Abruzzo dalla zona rossa, dovesse contrarre il Covid, sarà colpa sua.
«Considero eccessivi, se non risibili, il tono intimidatorio e la minaccia.

Se passasse questo principio qualcuno mi dovrebbe dire di chi sono le responsabilità penali di tutti gli altri contagiati. I nostri legali stanno valutando il tono, il merito e la misura della risposta».


Ma era proprio necessario forzare i tempi in questo modo? Non sarebbe stato meglio attendere due giorni?
«Non sono due giorni qualsiasi. Sono decisivi per la vita economica del Paese. Sto discutendo da una settimana con il ministro Speranza in vista di questa scadenza. Sindaci e commercianti mi stanno ringraziando».


E' stata anche una provocazione politica?
«Se avessi voluto fare propaganda mi sarei messo a fare i comizi in piazza, come hanno fatto compagni di partito e anche di governo dei ministri Boccia e Speranza. Anche presidenti di Regione. Avrei potuto fare finta di niente, attendere il report, farmi schiaffare in zona rossa e protestare, come hanno fatto anche colleghi di sinistra prendendosela con il governo ladro. Invece no».


La accusano, però, di non essersi fatto bene i conti. Non sapeva che per uscire dalla zona rossa ci sarebbero voluti 21 giorni?
«Chi lo dice è tra lo schizofrenico e il paranoico. L'accusa arriva da chi è stato anche consultato quando ho assunto la decisione di entrare in zona rossa: se posso rimproverarmi qualcosa è di essere stato troppo democratico. Con il parere del Comitato tecnico scientifico locale avrei potuto prendere e fare subito l'ordinanza, senza ascoltare nessuno. Avrei guadagnato due giorni. Quando ho fatto le zone rosse in Valfino o nell'area vestina, nella prima fase, il governo era contrario. I ministri del Pd mi chiesero di non farla».


Il 16 novembre ha deciso addirittura di anticipare l'ingresso in fascia rossa. Oggi fa lo stesso, ma per uscire. Cosa è cambiato?
«Non è stato un mio capriccio. Se non avessi deciso subito per l'ingresso in zona rossa e avessi ascoltato i soloni che oggi fanno i conti non staremmo parlando di tornare in arancione in questi giorni, ma forse dalla prossima settimana e probabilmente della zona gialla dopo Capodanno. Conosco talmente bene il meccanismo che l'ho anticipato».


La sua decisione rischia di demolire il sistema delle fasce.
«La regola dei 21 giorni per uscire dalla zona rossa si è creata per prassi, per norme che si sono stratificate in più provvedimenti, ma non trova formulazione univoca in una legge. Si può entrare in 48 ore e lo condivido se c'è urgenza, tanto che l'ho fatto. Con la stessa aderenza ai dati reali si deve fare altrettanto per uscire, magari non in 48 ore».


In 21 giorni l'Abruzzo ha risolto i suoi problemi?
«A me non è che faceva vergogna essere l'unico rosso in Italia. Questo è teatrino politico, utile per fare qualche post simpatico. Siamo esattamente nella media nazionale, addirittura meglio di alcune in giallo e pensiamo che la cura è durata a sufficienza, altrimenti si ammazza il paziente. E' eccessivo dover scontare la pena senza pietà».


Teme che lo scontro con il governo possa ritardare l'uscita ufficiale dal lockdown?
«Spero di no, siamo sempre stati seri».

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