Amanda Knox piange in tv: non tornerò mai in Italia. Del suo caso potrebbe occuparsi Obama

Il sito di Cnn
di Flavio Pompetti
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Sabato 1 Febbraio 2014, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 08:51
NEW YORK Estradizione? Dovranno portarmi via mentre scalcio con tutta la mia forza. Non torner mai in quel posto dove....Lotter con tutte le mie forze fino alla fine». La determinazione di Amanda è forte, ma la voce è rotta dall'emozione e le lacrime si affacciano intermittenti mentre parla. La rete Abc l'ha ospitata ieri mattina nel programma “Today”, uno dei più popolari tra quelli che accompagnano gli americani al momento del risveglio. Era ancora notte sulla costa pacifica. Amanda appariva tesa e provata dalla giornata appena trascorsa. La sentenza l'ha vissuta in diretta streaming sul computer, mentre cercava di seguire le parole del giudice Nencini, e al tempo stesso tradurle per il resto della famiglia radunata a casa della madre Edda. «È stato come essere investita da un treno» racconta Amanda, confortata dalla madre che si dice sconvolta e scioccata, ma anche pronta a combattere, e dal padre Curt che definisce il verdetto «sbalorditivo» ma «non del tutto sorprendente». I rari lampi di sorriso che la giovane aveva esibito nei giorni precedenti al verdetto sono definitivamente scomparsi. Amanda è impaurita: «Non so nemmeno come reagirò se dovessero riportare Raffaele in galera» e smarrita: «Ho bisogno di aiuto. Quelli che conoscono il funzionamento dei meccanismi perversi che hanno permesso di rovesciare il giudizio del tribunale, devono dirmi come fare ad uscirne fuori».



IL DIBATTITO

In effetti il dibattito pubblico è già tutto incentrato sul tema della richiesta di estradizione da parte del governo italiano. Un passaggio che viene dato quasi per scontato dopo la prossima pronuncia di cassazione, e magari quella della Corte Europea. Gli esperti di diritto internazionale hanno tenuto banco ieri tutto il giorno, e tutti concordano sullo stesso punto: gli Usa hanno un obbligo legale e costituzionale di consegnare la Knox alle autorità italiane. «L’obiezione contro il vostro terzo grado di giudizio, che contrasterebbe con il principio americano della non punibilità dopo una assoluzione in appello, non ha nessun merito - dice l'avvocato Ty Cobb, che ha già svolto pratiche simili - Gli Usa hanno firmato il trattato coscienti delle differenze tra i due ordinamenti, e non possono eccepirle ora». Ci sarebbe semmai la scappatoia indicata dall'articolo 10, che permette di rifiutare il trasferimento del condannato in assenza di una «base ragionevole» di fatti che provino la sua colpevolezza. Il giudizio di innocenza della prima assise potrebbe offrire il destro per un'argomentazione, ma nessuno si aspetta che il dipartimento di Stato seguirebbe questa strada. La decisione ultima resta nelle mani della politica, concludono i legali, e sarebbero le due diplomazie a negoziare una soluzione. E non è escluso che lo stesso presidente in carica, Obama o chi per lui, sia chiamato ad esprimersi.



TUTTI CON LEI

Il caso ha raggiunto oramai anche in America un livello di popolarità enorme, e l'opinione pubblica è totalmente schierata a fianco di questa figlia sventurata. Amanda è vista come la vittima di un meccanismo perverso che potrebbe stritolare chiunque tra le migliaia di giovani che ogni anno vengono in Italia per un semestre di studio. Nessuno vuole vederla tornare in prigione, e infatti nessuno dei legali interpellati è pronto a scommettere che lo farà.



Resta tra l'altro aperta un'ultima soluzione, per quanto improbabile. La Knox è libera di viaggiare quando vuole, e ha a portata di aereo una dozzina di paesi tropicali che non hanno firmato un accordo simile con il nostro paese, tra cui il Venezuela e Santo Domingo, quest'ultimo meta di viaggio in passato per lo stesso Raffaele Sollecito. Sarebbe una via d'uscita in grado di alleggerire l'imbarazzo diplomatico per il suo paese, ma la questione della difesa della cittadina Amanda ha ormai assunto una tale rilevanza, che la fuga all'estero sarebbe vista come una caduta di orgoglio inaccettabile.



LE RISORSE

Seattle è al momento un posto sicuro. La famiglia che non è agiata, dovrà trovare nuove risorse finanziarie per affrontare le fasi processuali in arrivo, ma il movimento di supporto è in crescita, così come l'attenzione mediatica intorno al caso. Una ricerca su Google dell'assassinio di Meredith Kercher, dopo pochi riferimenti diretti alla vittima, mostra immediatamente il ruolo di protagonista che la giovane di Seattle ha guadagnato suo malgrado nella vicenda.

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