Amazon e la sfida dei robot per gestire i magazzini: due progetti italiani in finale

Amazon e la sfida dei robot per gestire i magazzini: due progetti italiani in finale
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Lunedì 6 Aprile 2015, 20:16 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 12:36
C'è anche un pezzo di eccellenza italiana alla Amazon Picking Challenge, la prima competizione indetta dal gigante dell'e-commerce per reinventare con una soluzione robotica la gestione dei suoi magazzini, quelli da cui in tutto il mondo ogni giorno vengono spediti milioni di beni acquistati online.



Per la finale, che si terrà a Seattle a fine maggio nell'ambito di ICRA 2015, saranno due team dell'Università di Pisa e del Politecnico di Torino a sfidare altri 30 atenei tra i migliori al mondo, dal Mit di Boston alla UC Berkeley. Lo scopo della gara indetta da Amazon è quello di stimolare università e centri di ricerca di tutto il mondo a escogitare soluzioni avanzate, automatizzate, per prendere dagli scaffali gli oggetti ordinati dai clienti online - dai libri alle scatole di cereali - e riporli in pacchi pronti per la spedizione. L'obiettivo è soprattutto quello di far avanzare lo stato della ricerca robotica: alla fine della competizione infatti, oltre a premi in denaro per i primi tre classificati (20mila dollari al primo), tutto il software prodotto diventerà open source e sarà disposizione della comunità scientifica.



Tra i migliori selezionati da Amazon nei mesi scorsi ci sono anche due progetti italiani. Uno dei due è realizzato dal Politecnico di Torino insieme a Comau (membro del gruppo Fca). Questa soluzione, spiega all'ANSA uno dei ricercatori del Politecnico Manuel Del Verme, impiega un robot Comau (il Racer 999) per realizzare un «braccio» con sei gradi di libertà, ovvero che si muove in sei dimensioni «con precisione al millimetro e una grande velocità di movimento». I sistemi di presa, ovvero le «mani», sono due, di cui una, sottolinea Manuel, «è del tutto innovativa, non c'è niente di commerciale di questo tipo al momento».



Il «cervello» del robot è un software che sfrutta «un sistema di visione e di profondità» che unito a una webcam fa in modo che il braccio «sappia esattamente cosa afferrare e dove». «Siamo felici di arrivare a Seattle, la qualifica è stata molto complessa e la finale rappresenta già la prova di aver fatto un ottimo lavoro - afferma Manuel -. In un momento in cui cominciavo a credere che non ci fossero buone possibilità per restare in Italia, i fatti dimostrano che ci sono aziende disposte a investire». L'altro progetto italiano è realizzato dal Centro di Ricerca «E. Piaggio» dell'Università di Pisa e dall'Istituto Italiano di Tecnologia. «Il nostro punto di forza - spiega all'ANSA il ricercatore dell'ateneo toscano Manolo Garabini - è la mano usata nel nostro robot»: «ha tutti i gradi di libertà di una mano umana, circa 20, e un singolo motore che muove tutte le falangi. Questo le permette di adattarsi a oggetti di forma e consistenza molto differenti».



Anche grazie a dei «cuscinetti» che funzionano come muscoli e che possono far eseguire movimenti più morbidi.
I ricercatori di Pisa sono «contentissimi» di essere stati ammessi alla fase finale della competizione e già guardano oltre: dopo la trasferta a Seattle saranno vicino Los Angeles per la Darpa Robotic Challenge, dove mostreranno robot umanoidi che avranno a che fare con più compiti, anche la guida di auto, immaginando scenari pericolosi in cui un domani poter sostituire operazioni di salvataggio o recupero che oggi mettono a rischio vite umane. «Abbiamo la fortuna di trovarci in ambienti dove ci sono le strutture per competere ad altissimo livello in ambito robotico - spiega Manolo -. E non siamo gli unici, ci sono diversi laboratori in Italia che seguono progetti di altissimo livello».
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