Pigneto, “cannabis club” contro i pusher

Pigneto, “cannabis club” contro i pusher
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 4 Novembre 2014, 05:42 - Ultimo aggiornamento: 07:51
Liberare le strade del Pigneto dal racket degli spacciatori e trasformarle nella sede dei primi “social club cannabis” a scopo ricreativo del Paese, riprendendo quel modello che in Spagna ha avuto successo (oggi si contano quasi 400 centri) e che ha aiutato a ridurre drasticamente il numero di pusher nelle strade delle città.

L'idea è stata presentata dal Comitato di quartiere del Pigneto al tavolo di confronto con il Comune di Roma. Presenti alla riunione diversi membri della segreteria del sindaco, dirigenti dell'Ama, forze dell'ordine e il vicesindaco Nieri. È lui che, interpellato, dà una prima benedizione al progetto. «Mi sembra uno strumento interessate per combattere le narco-mafie. Per metterlo in pratica però serve un passaggio a livello nazionale, mi auguro che il governo affronti la questione». Dello stesso parere il presidente del V Municipio Giammarco Palmieri. «Non si tratta di una provocazione. Questo progetto, se ben regolato, potrebbe annientare il business degli spacciatori. Ovviamente va ancorato a un programma sociale più ampio. Ne discuteremo al prossimo tavolo di confronto di novembre, perché abbiamo capito che gli interventi delle forze dell'ordine non bastano nè si può pensare di militarizzare la zona per sempre. Servono altre soluzioni».



MODELLO BARCELLONA

Ufficialmente i social club sono associazioni senza scopo di lucro. In Spagna sono stati autorizzati nel 2012 e hanno paletti molto più rigidi rispetto ai “coffee-shop” che si possono trovare, per esempio, ad Amsterdam. Intanto non si vende e non si compra droga: ma il cliente si reca nell'associazione, paga una quota di iscrizione e riceve la tessera di membro, divenendo così un socio. Da quel momento, dopo essere stato schedato, dichiara quanta cannabis intende consumare periodicamente. E il club provvede a fornirgliela. Una sorta di accordo tra “consumatori” in cui nessuno, almeno in teoria, trae profitto. Anche perché gli statuti dei club obbligano a investire tutti i proventi, al netto delle spese, in servizi sociali o di assistenza.

Anche in Italia qualcosa si muove. A gennaio ha aperto a Racale, nel Salento, il primo social club cannabis legale, anche se a scopo terapeutico, non ricreativo. Ed entro fine anno, con l'appoggio legale dell'associazione anti-proibizionista Encod altri club sono pronti a registrarsi all'Agenzia delle Entrate.

Secondo il comitato di quartiere del Pigneto questo strumento «aiuterebbe a togliere clienti agli spacciatori, che hanno trasformato le nostre strade in super-market della droga». Da via L'Aquila, a via Perugia, via Ascoli Picieno e via Pesaro. «Tutti i giorni già alle 10 del mattino si possono trovare i primi 10-12 spacciatori a vendere eroina». Nel pomeriggio arrivano quelli della coca. La sera erba e hashish vanno per la maggiore. «Li abbiamo contati: ormai abbiamo uno spacciatore ogni dieci abitanti», denuncia Marco Gennari del Comitato del Pigneto. «Pusher in guerra tra loro, con i senegalesi che operano a piazza del Pigneto, mentre i magrebini stazionano a via Macerata. E ogni notte scoppia una rissa». Da qui è nata l'idea dei Social Club Cannabis. «Un modo – spiegano dall'associazione dei residenti – per sottrarre clienti e profitti alla criminalità e allontanare il degrado dalle nostre strade».