La richiesta di arresto per Cerroni rubata dall'ufficio del Gip

Manlio Cerroni
di Sara Menafra
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Mercoledì 15 Gennaio 2014, 08:19
C’ una talpa negli uffici del tribunale. Una manina ben inserita e molto potente, capace di arrivare nell’ufficio del gip Massimo Battistini. Mentre il gip, nel corso dell’ultimo anno, valutava gli atti che avrebbero portato all’arresto del Ras delle discariche Manlio Cerroni. E capace di far sparire l’intera richiesta di misura cautelare firmata dal pm Alberto Galanti dalla sua cassaforte. Non solo. Quando i magistrati si sono accorti di quanto era accaduto negli uffici del tribunale, il 16 luglio 2013, e hanno avviato le prime indagini si sono accorti di due particolari molto gravi: i nastri delle telecamere che filmano i corridoi di piazzale Clodio notte e giorno erano spariti. E, contemporaneamente, chi ha agito è riuscito a non lasciare nessun segno di effrazione. Insomma, c’è qualcuno all’interno del tribunale che gli ha dato una mano, permettendo di ritardare l’arrivo degli arresti. Per questo un fascicolo di indagine è stato aperto anche a Perugia. Il pm Galanti nel firmare l’integrazione alla richiesta di custodia cautelare è esplicito: «La sottrazione, pur essendo allo stato commesso da soggetti ignoti, deve con ogni probabilità ricondursi alla sfera di influenza esercitata dagli odierni indagati, la cui “onnipresenza” all’interno della pubblica amministrazione è conclamata da una serie infinita di riscontri».



Marrazzo nel sistema Il deposito degli atti a sostegno della misura di custodia cautelare ai domiciliari per sette indagati (ieri ci sono stati i primi interrogatori di garanzia) dà anche il quadro di quanto fossero forti i legami di Cerroni con la politica. Accuse molto pesanti sono quelle contro l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Non solo per aver firmato l’autorizzazione per il termovalorizzatore di Albano, firma che gli è costata l’accusa di falso e abuso d’ufficio. La scheda che gli inquirenti gli hanno dedicato spiega che di quel sistema di relazioni «faceva egli stesso parte avendo rivestito un ruolo di primaria importanza per il raggiungimento dei fini illeciti. Egli gettava le basi per quelle che veniva successivamente inquadrate come attività di artificio e raggiro finalizzate all’ottenimento di pubbliche erogazioni».

Firmando l’autorizzazione per la costruzione del gassificatore di Albano, Marrazzo faceva anche in modo che su quel capitolo andassero i fondi europei Cip6. Il 30 marzo del 2008, quando la prima autorizzazione sembra essere bloccata, da un parere negativo alla valutazione di impatto ambientale, il governatore interviene di persona.

Arcangelo Spagnoli, responsabile del provvedimento, si confronta con un ingegnere del commissariato. Spagnoli: «Allora, abbiamo scritto una lettera violenta contro quelle stronz...»; Martino: «Ah...»; Spagnoli: «Bisogna aspettarsi per domani chiamate tambureggianti. Ovviamente ci abbiamo la sponda anche il Presidente, molto incazzato, quindi, insomma non è lavoro a vuoto .. dovrà avere prima o poi un esito positivo».

La valutazione del gip è molto chiara. Marrazzo era consapevole che su quell’impianto sarebbero arrivati i finanziamenti: «Nonostante le incombenze pratiche venivano lasciate agli addetti ai lavori, le strategie di massima venivano indicate da Piero Marrazzo - scrive - Era sottinteso, come già affermato, che in questo senso v’era un’unità d’intenti tra la parte politica e quella imprenditoriale. Il presidente e commissario Piero Marrazzo aveva dato un chiaro segnale in tal senso aprendo la strada e spianandola a quelle procedure finalizzate a far piovere gli incentivi CIP6 sull’impianto di Albano».



Le Minacce Perché tutta questa solerzia? Sono i Carabinieri del Noe, in una informativa, a dare il quadro della situazione, ipotizzando addirittura il reato di estorsione per il Ras delle discariche Manlio Cerroni ai danni del governatore e del sindaco Alemanno. «La minaccia era quella di impedire gli smaltimenti, in modo da indurre il Sindaco Alemanno e il presidente della Giunta regionale Lazio, Marrazzo, a disporre il pagamento di circa 130 milioni di euro di fatture arretrate», scrivono. Tra gli obiettivi c’era la nomina, in Regione, di uomini di fiducia di Cerroni. In particolare Mario Di Carlo per cui Cerroni pretendeva la delega ai rifiuti, mai effettivamente concessa da Marrazzo. Sebbene a verbale l'ex governatore abbia sempre negato, i due si sarebbero visti anche a pranzo, nella sede di rappresentanza di Villa Piccolomini. Il governatore aveva delegato i rapporti al suo vice, Esterino Montino. Scrive il gip: «L’attività aveva messo in evidenza il fatto che Marrazzo aveva affidato al vicepresidente Montino la conduzione, sul piano politico, delle scelte in tema di gestione dei rifiuti, ma questo non esulava il presidente dal conoscere anch’egli le dinamiche intrinseche di tali scelte». Quando arrivano i Carabinieri per le prime ispezioni, Spagnoli difende quanto fatto e si confida: «Li ho difesi anche dai Carabinieri, li dovevo far arrestare. L'ho fatto perché c'era Piero Marrazzo dietro tutto questo reticolo». Anche ad Alemanno sarebbero arrivate minacce. A dicembre 2008, tramite un consigliere regionale, Cerroni fece arrivare le sue pressioni sull'allora sindaco: «Gli dici: guarda sta volta questo vi leva la pelle». Le informative parlano di rapporti tra Cerroni ed una serie di politici anche nazionali, tra cui Francesco Rutelli e Giuseppe Fioroni. E' però il capo della Protezione civile Guido Bertolaso a dargli una mano attiva quando l'imprenditore Fabio Altissimi, poi diventato uno dei principali accusatori, gli scrive per denunciare le anomalie: «Non si ravvisano elementi che ne giustifichino il coinvolgimento nelle numerose questioni sollevate», gli risponde.



Talpe in regione I contatti in Regione permettevano alla rete di avere informazioni anche sulle indagini in corso. L’11 novembre del 2012, quando il parlamentare Stefano Pedica si presenta a Malagrotta per un’ispezione, l’effetto sorpresa non c’è. Nel gruppo Cerroni si sa già da 24 ore. Federica Conte, segretaria di Cerroni, è stata avvertita. La comunicazione inviata alla segreteria dell’assessore ai Rifiuti, Pietro Di Paolo, è già stata girata a Cerroni. La Mazzei, segretaria di Di Paolo, si attiva per ogni richiesta da parte di Conte, anche quelle «non limpidamente istituzionale». A Rando, braccio destro di Cerroni, Conte dice al telefono dice di essere andata alla Regione a prendere «le copie del collaudo e delle casse che vanno consegnate in Arpa, Provincia e Comune e che ha mandato una nota proprio a Fegatelli. E poi, quando Rando le chiede come comportarsi in merito all’ispezione risponde: «Noi non dobbiamo assolutamente essere al corrente».



Atti modificati Il 29 dicembre 2010 il gruppo Cerroni riesce a modificare la relazione di stabilità dei versanti di Malagrotta, utilizzando, in accordo con un suo assistente, la firma digitale dell’ingegnere che l’aveva redatta. I carabinieri del Noe lo deducono dalle intercettazioni. «Io adesso, nell’immediato non te la posso modificare», dice l’assistente alla Conte, dopo averle annunciato che gli è arrivata la firma digitale dell’ingegnere. «Te lo posso fare tra un’oretta». E la segretaria: «Si va bene, tanto noi dobbiamo consegnare oggi entro capito? Entro un certo orario dobbiamo consegnare». L’assistente risponde: «Certo se c'hanno fretta, la firma ce l'hai basta che scrivi sopra a quella cosa...dichiarazione sulla stabilità dei versanti di Malagrotta». E la segretaria «Però aspetta un'attimo, dichiarazione e basta, io sottoscritto, come la fa lui?».
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