Bullismo a scuola: «Da 4 anni spengono sigarette sul corpo di mio figlio disabile»

Bullismo a scuola: «Da 4 anni spengono sigarette sul corpo di mio figlio disabile»
di Veronica Cursi
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Giovedì 14 Novembre 2013, 15:13 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 09:26

Le cicatrici sul suo corpo raccontano pi di mille parole. Manuel ne ha talmente tante di quelle bruciature, sul mento, sulle braccia, sulla testa, da perdere il conto.

Sono quattro anni, dal primo anno di scuola, che viene trattato come un posacenere umano. Quattro anni che quei compagni di classe lo bruciano. Lo bruciano dappertutto.

Sigarette spente addosso, quasi ogni mese, una, due, tre, venti volte. Manuel ha 19 anni e soffre di ritardo cognitivo. E quelle ferite, fuori e dentro, pesano come un macigno. La sua storia, un storia di bullismo, di indifferenza, di troppa gente che non vede o non vuol vedere, è anche la storia di una mamma, Matilde, che da anni, a colpi di denunce e lacrime, non smette di lottare. Ieri l'ennesima denuncia ai carabinieri della stazione Cecchignola.

E' il 2009 quando tutto ha inizio. Primo anno di scuola, un istituto superiore a Vigna Murata, periferia di Roma. «Manuel l'ha scelto dopo aver visto tante scuole, è lì che vuole studiare», racconta la mamma. Ecco perché quando un giorno, dopo le prime segnalazioni, un professore le dice: «Perché non gli cambi scuola?», lei risponde: «Leveresti un sogno a tuo figlio? Perché devo essere io a togliere la vittima e non loro il carnefice?».

Pausa ricreazione, si fuma, comincia il gioco al massacro. Quasi ogni mese una tortura nuova, urla soffocate altrimenti è peggio, quelli ci riprovano, fino a quando la mamma non scopre i segni. Troppi, sempre gli stessi. Per undici volte Manuel finisce al pronto soccorso, il referto è sempre uguale: bruciatura da sigaretta. Lui racconta e non racconta: «Mamma non l'hanno fatto apposta, mi bruciano, ma è un gioco». «Cerca di proteggerli – dice Matilde - forse per farseli amici, perché sono loro che comandano».

Dopo anni di sofferenze, Matilde prende il coraggio e nel 2012 denuncia tutto accusando due compagni del figlio. I presunti artefici negano. L'indagine finisce in Procura si procede con l'ipotesi di "atti persecutori", ma l'inchiesta finisce in via di archiviazione perché – testuali parole del guidice – «il ragazzo non è in grado di rendere testimonianza». Matilde sente che sta remando contro i mulini a vento: «Perchè non gli affiancano qualcuno che lo aiuti a testimoniare? Un figlio disabile, non è un figlio di nessuno. Io l'ho portato in grembo per 9 mesi e sono 20 anni che lo cresco, orgogliosa di lui. Eppure, a volte, mi sento davvero sola».

Vuole fare «rumore», Matilde e mostra le foto che è costretta a fare perché sono l'unica prova di ciò che suo figlio subisce ancora oggi. L'ultima volta, giovedì scorso. E’ tornato a casa con la tuta da ginnastica bruciata: «Avevano infierito talmente tanto con quell'accendino da provocargli ustioni di II grado al ginocchio». La scuola continua a negare. «Nel nostro istituto – dice la preside - sono state eseguite indagini approfondite, ma non è emerso nulla. Il ragazzo è seguito anche da insegnanti di sostegno. Noi sappiamo quello che accade qui dentro, non possiamo sapere ciò che succede fuori». Ma Matilde

non si ferma e continua a chiedere giustizia.

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