Dipendenti assenteisti alla Camera, il pm: condannateli a un anno di carcere

Dipendenti assenteisti alla Camera, il pm: condannateli a un anno di carcere
di Andrea Ossino
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Martedì 15 Aprile 2014, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 16:12
Andavano in giro, ma risultavano presenti al lavoro: cinque dipendenti di Montecitorio rischiano ora un anno di reclusione, oltre al pagamento di una multa di cinquecento euro. E’ la richiesta fatta ieri al termine dell'udienza, dal pubblico ministero Maria Assunta Cassavia, per Michelina Saliola, Alessandro Pedani, Enrico Boccalaro, Elisabetta Polese e Maria Gabriella Petrone, accusati di truffa.



Facevano parte di un gruppo più nutrito di dipendenti di Montecitorio che usando un tesserino elettronico non regolamentare, aggiravano il sistema di controllo delle presenze lavorative: in questo modo 17 dipendenti, tra commessi e impiegati, erano riusciti ad assentarsi dal lavoro risultando formalmente in servizio. Dopo la denuncia, dodici di loro, accusati di truffa, avevano patteggiato una pena che variava tra i tre e i sei mesi di reclusione. Per gli altri cinque, è continuato il processo ordinario.



La denuncia L'indagine era iniziata nel 2009, dopo una denuncia sporta grazie alla volontà dell'allora presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini. In seguito ai controlli a campione che periodicamente vengono effettuati a Montecitorio, erano venute alla luce alcune anomalie. In particolare la segreteria generale aveva riscontrato che alcuni dipendenti risultavano presenti anche quando erano all'esterno del Palazzo. Così la segreteria informò l'allora presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, che invece di aprire un'indagine interna, possibilità prevista anche dalle regole del Parlamento, preferì denunciare l'accaduto alla procura della repubblica di Roma. Al termine delle indagini la conferma: ben diciassette dipendenti della Camera dei Deputati erano riusciti ad eludere il sistema elettronico di rilevazione delle presenze sul posto di lavoro.



I trucchi I modi per truffare il sistema erano diversi e tutti ruotavano intorno all'uso improprio del badge, il tesserino elettronico che consente di rilevare le presenze dei lavoratori. Tra i dipendenti dal “badge facile”, c'è chi si procurava il tesserino di un collega appena andato in pensione, il cui badge non era ancora stato disattivato. Altri invece usavano il tesserino elettronico riservato all'amministrazione, non nominale. Insomma, tutti gli imputati escogitavano un sistema diverso per assentarsi dal posto di lavoro senza che lo stipendio, che nel caso specifico dei dipendenti della camera è quantificato anche sulla base del cumulo delle ore lavorative, ne risentisse. Una truffa che avveniva proprio sotto il naso delle istituzioni, a Montecitorio.



Ma ai dipendenti infedeli, quelle ore di assenza dal lavoro sono costate care. Anche se in parlamento vige l'autodichia, ovvero la possibilità per le forze dell'ordine d’indagare solo dopo un'apposita autorizzazione, in questo caso la magistratura ha avuto la possibilità di agire liberamente. Sospesi dal servizio, alcuni hanno patteggiato in sede penale, per altri è attesa la sentenza. Naturalmente alla Camera dei Deputati è stato sostituito il sistema che consente il controllo delle presenze con un nuovo sistema, di ultima generazione.
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