Anagnina, il delitto su commissione
Pace eliminato da due professionisti
Si fa strada il movente passionale

La vittima, Pietro Pace
di Marco De Risi
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Venerdì 29 Agosto 2014, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 20:31

Aveva un relazione sentimentale con la compagna di un uomo attualmente in carcere per aver cercato di uccidere un poliziotto durante una rissa ai Castelli Romani.

Pur non trascurando alcuna ipotesi, gli investigatori della Squadra Mobile che indagano sull’esecuzione di Pietro Pace hanno trovato un elemento che intendono approfondire rapidamente. E la misteriosa donna sarebbe stata interrogata in queste ore.

Ma è assolutamente prematuro, fanno sapere da San Vitale, privilegiare la pista della vendetta per gelosia piuttosto che un regolamento di conti per qualcos’altro.

Mentre la fedina penale immacolata di Pace lascia poco spazio ai classici scenari di criminalità, dallo spaccio di stupefacenti a questioni di debiti non saldati, le modalità dell’esecuzione e il tipo di arma utilizzata dai killer farebbero pensare a professionisti ben addestrati.

Ed è proprio questa l’unica certezza sul tavolo degli investigatori della Mobile: i due killer che mercoledì sera su via Gasperina hanno fatto fuoco sono esperti tiratori, probabilmente arruolati fra le fila del crimine che ha già mietuto altre vittime in città o - come è accaduto in altri casi simili - fatti arrivare appositamente.

La loro determinazione, la pianificazione delle mosse fino all’agguato mortale e poi ancora la fuga veloce fino a sparire nel nulla, ecco: tutto questo contrasta col peso specifico del loro obiettivo.

IL CONTRASTO

Pietro Pace, 40 anni, fedina penale immacolata, da quattro anni era stato assunto all’Ama e alle spalle aveva un’onesta attività di venditore ambulante di tessuti. Padre di una bimba di 8 anni avuta dall’ex compagna, abitava in via Salvatori, a cento metri di distanza da dove i killer l’hanno imbottito di piombo, nella stessa palazzina in cui vive anche la sorella gemella. Stasera avrebbe dovuto partecipare a una cena con i colleghi, che lo definiscono una persona dal «comportamento irreprensibile».

Tutt’altro dunque che un boss a cui riservare tanta spettacolare ferocia. Gli investigatori della Mobile, guidati da Renato Cortese, hanno intanto ricostruito nei dettagli la dinamica dell’esecuzione che non ha lasciato scampo al giovane netturbino.

Pace era al volante della sua Golf blu scuro su via Gasperina poco dopo l’angolo con via Cropani, alla Romanina, palazzine basse, residenziali poco distanti da Ikea. Gli investigatori stanno controllando il cellulare di Pace, così come le telecamere delle strade attigue all’agguato.

Erano circa le 21,30 quando i killer a bordo di uno scooter color argento di grossa cilindrata, caschi integrali neri, arrivano accanto al loro bersaglio e in pochi secondi gli scaricano addosso una raffica di proiettili.

I TESTIMONI

«Ero seduta in gelateria - racconta una ragazza ascoltata dalla polizia - Ho visto il braccio teso di quell’uomo che stava sul sellino dietro. Poi la pistola e ho sentito gli spari». Pochi istanti dopo e la strada è disseminata di bossoli: sono almeno sei i proiettili che raggiungono Pietro Pace alla testa, al collo e al torace. Sono di calibro 40, un proiettile inusuale: il più potente che si possa inserire su un’arma semiautomatica.

Già ferito gravemente, rantolando, Pace si sposta d’istinto verso il sedile alla sua destra, con le mani protese in avanti nel vano tentativo di ripararsi. I primi soccorritori lo trovano già morto. Si era fermato in quel punto di via Cropani perchè doveva incontrare qualcuno? E’ un dettaglio ancora da chiarire. E’ notte fonda quando vengono rintracciati e portati in Questura i parenti della vittima. La sorella gemella si dispera ma, dice, non sa cosa possa avere scatenato tanta ferocia. Lo stesso ha ripetuto l’ex compagna.

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