Acqua all'arsenico a Roma nord:«La Asl sapeva da dieci anni»

Acqua all'arsenico a Roma nord:«La Asl sapeva da dieci anni»
di Lorenzo De Cicco
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Lunedì 17 Marzo 2014, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 14:50
L'acqua all'arsenico della rete idrica gestita dall’Arsial a Roma Nord aveva valori fuori dalle normative Ue gi dal 2004.

E la Asl lo sapeva, come del resto la stessa Arsial. Valori superiori anche al limite massimo che avrebbe poi fissato la Regione Lazio nel 2011, quando venne concordata l'ultima deroga con Bruxelles, poi scaduta il 31 dicembre 2012. A denunciarlo è il caseificio Santa Maria di Galeria, un'azienda storica della zona, dove ha sede uno stabilimento da 3.500 metri quadri. «Le analisi dell'acqua hanno sempre rilevato valori di arsenico superiori ai 20 microgrammi per litro - spiega il titolare Paolo Punturi - Per questo dieci anni fa siamo stati costretti a comprare un depuratore a nostre spese, altrimenti i prodotti non avrebbero potuto avere il bollino della Comunità europea». Tutte le analisi, spiegano dall'azienda, fin dal 2004 sono «sempre state sotto il controllo della Asl». Le stesse autorità sanitarie hanno più volte nel corso degli anni mandato i propri ispettori a fare campionamenti e verifiche. A questo punto viene da chiedersi per quale motivo l'allarme della Asl sia scattato solo a giugno 2013 - quando venne avvisata la Direzione Opere Igienico-sanitarie del Campidoglio - vale a dire oltre sei mesi dopo la scadenza dell'ultima deroga europea. E per quale motivo il Comune si sia mosso solo tre settimane fa, con l'ordinanza del sindaco che ha vietato il consumo umano.



DIRETTIVA EUROPEA

La vicenda dell'arsenico affonda le sue radici negli anni passati. Nel 2001 l'Unione Europea, seguendo nuovi orientamenti della comunità scientifica internazionale sulla pericolosità di questa sostanza cancerogena, ha diramato la cosiddetta direttiva DWD, Drinking Water, recepita in Italia nello stesso anno con apposito decreto. In quel testo venivano radicalmente abbassati i livelli tollerabili di arsenico nelle acque potabili: se la normativa precedente, datata 1998, pretendeva un livello massimo di 50 microgrammi per litro, la nuova direttiva ha imposto una diminuzione di addirittura quattro quinti del limite massimo, arrivando a richiedere un tetto di 10 microgrammi su litro. Dietro questo drastico abbassamento ci sono gli studi dell'Organizzazione mondiale della sanità, che negli ultimi due decenni ha posto l'accento sulla pericolosità dell'arsenico. Chi beve l'acqua inquinata è esposto a pericoli molto seri: si parla di tumori alla pelle, ai polmoni, alla prostata, di danni a livello neurologico, cardiovascolare e all'apparato riproduttivo.



LA NORMATIVA

La norma comunitaria sarebbe dovuta entrare in vigore nel 2003, ma permetteva ai singoli stati dell'Unione di chiedere fino a due proroghe triennali. Ecco quindi che il termine ultimo legale per evitare che i cittadini assumessero acqua fuorilegge era il 2009. Nel 2010 viene bocciata l'ennesima richiesta dell'Italia. Scattata l'emergenza, nel 2011 la Regione Lazio ha ottenuto un'ultima deroga, purché il tetto massimo si attestasse a quota 20 microgrammi per litro. Valore che però sembrerebbe superato dagli acquedotti Arsial che servono Tragliatella, Piansaccoccia e Malborghetto. «Le analisi in nostro possesso - spiega ancora il titolare del caseificio - dicono che già nel 2004 il livello di 20 microgrammi era stato superato. Altrimenti non avremmo comprato il depuratore, senza il quale non saremmo riusciti a superare l'ispezione della Federal Drug Administration».



L'INCHIESTA

Sui possibili difetti di comunicazione tra la Asl e l'Arsial, il baraccone pubblico della Regione che gestiva la rete idrica incriminata, nei giorni scorsi ha avviato un'indagine anche l'Ordine dei medici di Roma, per capire se la salute dei cittadini possa essere stata in qualche modo danneggiata. «Stiamo acquisendo tutti i documenti necessari per avere una panoramica completa della vicenda - ha spiegato il presidente dell'Ordine Roberto Lala -Se ci sono delle responsabilità, interverremo. Va chiarito se la salute dei residenti di questi quartieri è stata tutelata o se ci sono stati passi falsi che possono avere causato infezioni e patologie».

Sull'acqua all'arsenico e sulle tubature in amianto dell'acquedotto indaga anche la magistratura. Proprio questa settimana inizieranno gli interrogatori dei vertici dell'agenzia regionale davanti ai pm Roberto Cucchiari e Maria Letizia Golfieri, che hanno aperto due fascicoli. L'ipotesi di reato è avvelenamento, con i carabinieri del Nas incaricati di eseguire accertamenti sulla pericolosità dell'acquedotto gestito dall’ente della Regione.
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