Abusivi, pronto un piano del Viminale
Miliardi di danni per i negozianti regolari

Abusivi, pronto un piano del Viminale Miliardi di danni per i negozianti regolari
di Elena Panarella
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Giovedì 24 Aprile 2014, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 10:41

Il racket dei venditori illegali fa affari d’oro in quasi tutte le strade del centro. Anzi proprio nei posti pi ammirati e visitati dai turisti che si ottengono i profitti maggiori: Colosseo, Pantheon, Fontana di Trevi, piazza Navona, piazza di Spagna.

Cinque gioielli della Capitale stretti ogni giorno nella morsa di abusivi e bancarelle. Gli irregolari non versano un euro al Comune e allo Stato: i mancati incassi si aggirano su un miliardo e mezzo. Per questo il Viminale ha pensato a un piano speciale per Roma su sicurezza e degrado urbano. Lo ha annunciato qualche giorno fa al Messaggero il ministro dell’Interno, Angelino Alfano: «Dobbiamo ripulire la capitale da spacciatori e delinquenti e basta con la piaga del commercio abusivo, la città deve tornare ad essere pulita» perché quella che percepiscono i romani «è una deriva senza fine». Le regole ci sono pure, ma ormai nessuno le rispetta. E a comandare sono sempre loro: gli abusivi. Pronti a tutto pur di controllare il ricco mercato del commercio senza licenze. Martedì sera l’ultimo scontro: alcuni immigrati hanno litigato per questioni di spazio a Trinità dei Monti. Anche le postazioni hanno un prezzo. E c’è sempre qualcuno che le gestisce. Guai a uscire fuori «da queste regole». Una pattuglia dei carabinieri è intervenuta quando la discussione è degenerata in rissa e due bengalesi sono stati

arrestati.

IL CAMBIAMENTO

E così quello che un tempo era il territorio controllato soprattutto dai venditori ambulanti abusivi africani ha visto un graduale mutamento. Gli africani sono sempre di meno, gli asiatici sempre di più. In regola e non. Questo fenomeno spesso s’intreccia con i destini delle bancarelle regolari (o quasi) che vendono borse e merce varia: quasi tutti i dipendenti o i gestori delle bancarelle sono del Bangladesh, esattamente come gli ambulanti abusivi. Lo scenario muta se ci si allontana dal Centro Storico e si va negli altri quartieri. Qui il rapporto numerico fra venditori senegalesi e venditori del Bangladesh è più equilibrato: non c’è il monopolio (o quasi) che si è consolidato nel primo municipio. C’è stato un vero e proprio passaggio di consegne delle aree del commercio abusivo. Ma non c’è stata una guerra vera e propria. Prima di tutto gli immigrati del Bangladesh sono molto più numerosi e operano con un sistema differente da quello ad esempio degli africani. In sintesi: quest’ultimi si muovono con molte borse (spesso contraffatte) e rischiano di più quando vengono fermati. Quelli del Bangladesh fanno il contrario: sono in tanti e ognuno porta poca merce. Se scattano i controlli, c’è sempre qualcuno che si sacrifica per gli altri. Secondo gli investigatori, gli immigrati del Bangladesh si accontentano di cifre molto più basse rispetto agli abusivi di altre nazionalità. E dunque stanno consolidando i rapporti con i fornitori, che siano i grossisti cinesi dell’Esquilino o organizzazioni nel Napoletano.

IL SOMMERSO

Per capire le dimensioni di questa città sommersa basta pensare che ogni giorno a Roma circola un esercito di venditori abusivi, dai 15 ai 18mila, secondo le stime del «libro nero» sul commercio fuorilegge della Confcommercio. Praticamente, denuncia il rapporto, un ambulante irregolare ogni quattro imprese in regola. Se non è concorrenza sleale, questa. Il giro di affari illegale solo a Roma si aggira intorno al miliardo e mezzo di euro, calcola l’associazione della Confcommercio considerando che la Guardia di Finanza nella Capitale sequestra più del 20 per cento del totale dei prodotti confiscati in tutta Italia. Un danno enorme per la città, anche questo calcolabile. Se gli abusivi pagassero regolarmente le imposte, Roma incasserebbe ogni anno tutti questi soldi: da 220 a 400 milioni di imposta sul reddito, da 120 a 180 milioni di imposta sul valore aggiunto, da 130 a 190 milioni di contribuzioni assicurative e previdenziali, da 40 a 70 milioni di tassazione del suolo pubblico e altrettanti per lo smaltimento rifiuti.

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