Napolitano: ora politiche sui profughi. Ma è polemica sulla Bossi-Fini

Uno striscione di protesta a Lampedusa
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Venerdì 4 Ottobre 2013, 21:06 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 12:22

Tocca ancora una volta a Giorgio Napolitano scendere in campo per spegnere l'incendio sul nascere all'interno del rinato governo di Enrico Letta. Questa volta si tratta di una pericolosa polemica sulla legge che ancora regola l'immigrazione clandestina, la Bossi-Fini che da sempre viene osteggiata dalla sinistra e dal mondo cattolico. Giacciono ancora nei fondali blu di Lampedusa decine e decine di cadaveri che già si cerca il colpevole di questa strage.

«Non è il momento di fare polemiche», dice in sostanza il ministro degli Interni, Angelino Alfano, da Lampedusa cercando di rintuzzare le accuse di quanti legano il gravissimo incidente alla contestatissima legge del 2002, quando Gianfranco Fini era vicepresidente del Consiglio di un governo a guida Berlusconi.

Ad esempio il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, che da Napoli ha spiegato che «bisogna ricreare una cultura dell'accoglienza e del rispetto dei diritti delle persone più forte». Per fare questo, ha aggiunto, «la Bossi-Fini va cambiata perchè era fondata sull'idea di paura».

Alfano finisce così nel mirino, stretto nella tenaglia del Pd e di parte del Governo (a partire dalle ministre Kyenge e Bonino) che a gran voce dicono che la misura è colma e ora bisogna modificare tutte le norme che riguardano l'immigrazione, a partire dalla Bossi-Fini. Quasi ignorato dal suo partito - oggi concentrato a difendere il leader Berlusconi dalla «ingiusta» decisione della giunta del Senato sulla decadenza - Alfano ha trovato le braccia del presidente pronte a tirarlo fuori dalla palude della polemica.

Dopo averlo chiamato a Lampedusa, il capo dello Stato ha ufficializzato il proprio «apprezzamento» al ministro «per l'impegno che sta dispiegando». Ma soprattutto ha fatto sapere che sono urgenti «politiche specificamente rivolte al fenomeno dei profughi e richiedenti asilo non regolate da alcuna legge italiana». Come dire, fate qualcosa di concreto che produca risultati tangibili in breve senza affrontare di petto l'intera, spinosissima materia. Troppo fragili sono ancora le ossa del governo di larghe intese per ribaltare una legge dal forte impatto simbolico come la Bossi-Fini. Almeno per ora.

Quasi sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del Senato, Piero Grasso che - mentre la presidente della Camera, Laura Boldrini, volava a Lampedusa per portare la solidarietà del Parlamento - si spinge un pochino più avanti di Napolitano chiedendo un «temperamento della Bossi-Fini». Questo per evitare, ed è anche la preoccupazione del capo dello Stato, che «qualcuno per non incappare nel reato di favoreggiamento dei clandestini o dello sbarco di clandestini possa rinunciare a dare soccorso a persone che stanno per morire».

«Nulla dovrà essere più come prima perchè altrimenti tutta questa solidarietà e attenzione» nei confronti dei migranti «non avrà senso», ha detto Laura Boldrini a Lampedusa sottolineando che «c'è gran bisogno di una buona politica nel nostro paese». «Non sfugge a nessuno e anche ai gruppi parlamentari» la necessità «di riconsiderare e superare» il reato di clandestinità «nell'ottica di una riconsiderazione di tutta la legislazione sull'immigrazione. Ci sono proposte di legge dei gruppi - ha aggiunto - e spetta a loro avanzare proposte. Ma la responsabilità deve essere di tutto il Parlamento».

Pronta la sponda in un ministro Pdl, Maurizio Lupi, che si è detto pronto a ritoccare la legge attuale mostrando il nuovo passo del governo Letta dopo la mancata sfiducia: «Io ho votato la Bossi-Fini, ma tutte le leggi possono essere migliorate, vedremo come migliorarla».

A dimostrazione della sensibilità politica del tema bastano le parole di Renato Brunetta: «Gli stolti del nostro villaggio hanno subito accusato il governo Berlusconi citando la legge Bossi-Fini come causa di questi eccidi del mare. Una menzogna da propaganda sovietica», contrattacca il presidente dei deputati Pdl.

Intanto il premier Enrico Letta si tiene lontano dalle polemiche e da Siena vola alto spiegando che «le centinaia di persone che hanno perso la vita a Lampedusa ieri, da oggi sono cittadini italiani»; ma non si sbilancia sulla legge.

Decisamente sopra le righe some al solito la Lega Nord: «Scegliere un ministro nero è stimolo all'immigrazione. La faccia della Kyenge porta parecchi immigrati in più», spara il leghista Gianluca Pini.