Forza Italia crolla, Fitto all'attacco. Ira di Berlusconi: sarò più cattivo

Berlusconi e Fitto
di Mario Ajello
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Martedì 25 Novembre 2014, 06:01 - Ultimo aggiornamento: 21:21

«Ingrati! Senza di me, non vanno da nessuna parte». A un certo punto, ieri, mentre Forza Italia travolta dalla propria tragedia elettorale si dilaniava e Raffaele Fitto con mezzo partito al seguito sparava sul quartier generale e sul Cerchio magico («Basta gruppi autoreferenziali, basta politica ambigua e appiattita sul governo, e azzeriamo tutte le nomine»), Silvio Berlusconi ha avuto uno dei suoi rari momenti di stizza.

Del tipo: ma come si permettono! Poi è tornato lucido e, in pieno choc da sconfitta epocale, ha provato da Arcore a rabbonire le truppe parlamentari in preda alla delusione e alla rabbia: «Con Renzi sarò più cattivo. La riforma elettorale come la vuole lui non gliela faremo fare e quella del Senato può aspettare». A parole, il Patto del Nazareno é stato polverizzato sull'altare della bonaccia ormai impossibile nel partito azzurro.

LA STRATEGIA

Ma questo, appunto, a parole.

Perché Berlusconi, come si sa, è concavo e convesso. Di fronte alla rivolta in Forza Italia che ha messo sul banco degli imputati proprio Silvio il Nazareno, il quale si è trovato costretto a convocare oggi il Comitato di presidenza del partito, Berlusconi si è anche rivolto all'amico più fedele, Fedele Confalonieri, colomba per eccellenza: «Così non si può più andare avanti. Renzi vuole prenderci per mano e portarci in un burrone. E io il partito non lo reggo più».

Non lo regge nel senso che non ne può più e nel senso che, non potendone fare a meno, lo deve rabbonire in qualche maniera. All'ora di colazione, un gruppo di senatori non ufficialmente fittiani ma quasi si è riunito in un bar del Pantheon e scherzando ma neanche tanto ha motteggiato così: «Ora saremo noi di Forza Italia a chiedere l'abbassamento della soglia di ingresso in Parlamento al 4 per cento, sennò rischiamo di restarne fuori». Nessuno dei presenti ride e tutti convengono: «Ormai Berlusconi vive in un mondo irreale». Mentre a Roma si dice questo di lui, che ha appena fatto il casting dei 25 volti giovani da contrapporre ai «parrucconi» abituali, lui da Arcore è in collegamento telefonico con il convegno “Basta tasse”, a Treviglio nel bergamasco, e dice ai forzisti presenti: «Dobbiamo ricominciare dal porta a porta. Andate nelle case degli anziani, da missionari azzurri, e offrite loro un sorriso e un cioccolatino». Intanto, non sono sorrisi tra Fitto e Zangrillo e il medico del Cerchio magico dice al «parroco pugliese» (copyright Berlusconi): «Non ti piace Forza Italia? Quella è la porta».

VOLANO STRACCI

Siamo al che fai, mi cacci? E Toti, altro cerchista, a Fitto: «Azzerare le nomine dei soliti? Anche Fitto è dirigente da tantissimi anni». Il clima è questo. In un partito ridotto al lumicino e stritolato tra la Lega (la linea di Silvio: difendersi da Salvini provocando la scissione filo-azzurra del suo avversario interno Tosi) e il Ncd di Alfano che è andato bene in Calabria e vuole dettare a Berlusconi le condizioni per una non facile ricostruzione del centrodestra. A cui Silvio si sforza di credere ancora e in queste ore post voto è tornato ad appellarsi a Bossi e a Maroni: «Salvini si è montato la testa. Cercate di farlo tornare in se'. Da solo dove va?». Il leader leghista sta andando dritto contro Arcore e contro Palazzo Grazioli, e l'ex premier già da oggi alla presentazione del libro di Bruno Vespa a Roma farà vedere quali sono le sue barricate e se ha ancora la forza di resistere all'assalto dell'altro Matteo.

Nel tutti contro tutti - o tutti contro uno - tra gli azzurri, c'é intanto l'ex tesoriere Maurizio Bianconi che insiste («Berlusconi si faccia un partito di fedelissimi e lasci a noi Forza Italia che lui ormai disprezza») e ci sono verdiniani come il senatore Milo che danno ragione a Fitto, e così anche Matteoli o la Bonfrisco o la Polverini e l'elenco sarebbe quasi infinito in questo sommovimento post-berlusconiano del si salvi chi può mentre il Presidentissimo «ci sta suicidando». E c'é spazio, in questo caos da crepuscolo, per sarcasmi così (del senatore Malan): «A Torino abbiamo tenuto. Ma solo perché non ci sono state le elezioni».