Iraq, Iran pronto ad agire contro l'Isis se verranno revocate le sanzioni sul nucleare: ma da Teheran arriva la smentita

Iraq, Iran pronto ad agire contro l'Isis se verranno revocate le sanzioni sul nucleare: ma da Teheran arriva la smentita
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Giovedì 21 Agosto 2014, 15:25 - Ultimo aggiornamento: 23:52

L'Iran accetter di fare qualcosa nella lotta contro lo Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isis) in cambio della revoca delle sanzioni e di progressi nei colloqui sul nucleare con le grandi potenze. Lo ha detto il capo della diplomazia iraniana, Mohammad Javad Zarif, secondo quanto riportato dai media, prima che in serata la sua dichiarazione fosse smentita.

L'Iran sarebbe stato disponibile a fare la propria parte nella lotta contro i jihadisti a condizione che le potenze mondiali revochino le sanzioni imposte a Teheran a causa del suo programma nucleare, ha detto Zarif, citato dall'agenzia d'informazione ufficiale Irna.

«Se accetteremo di fare qualcosa in Iraq, l'altra parte nei negoziati (il gruppo '5+1', cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Germania, ndr) dovrà fare qualcosa in cambio», avrebbe dichiarato il capo della diplomazia iraniana. «Tutte le sanzioni che sono legate al programma nucleare dell'Iran dovrebbero essere revocate», avrebbe quindi spiegato Zarif.

Ieri il ministro ha confermato che sono in corso discussioni con alcuni governi europei a proposito della possibilità di un'azione congiunta contro l'Isil nel nord dell'Iraq. «Ma non è ancora chiaro cosa dovremmo fare in Iraq e cosa (le potenze mondiali, ndr) dovrebbero fare in cambio. Questa è la parte difficile», ha affermato Zarif.

La smentita. L'Iran ha poi smentito in serata di aver proposto alle potenze occidentali un ruolo attivo nella lotta contro l'Isis in cambio di un nuovo approccio nei negoziati sul suo programma nucleare e la fine delle sanzioni. «Le informazioni riguardanti le dichiarazioni del ministro sull'Iran e una collaborazione con gli Stati Uniti in cambio della fine delle sanzioni non sono corrette», si legge in un comunicato del ministero degli esteri di Teheran.

L'appello di Papa Francesco. «Rinnovo il mio appello a tutti gli uomini e le donne che hanno responsabilità politiche perché usino tutti i mezzi per risolvere la crisi umanitaria». Scrive intanto Papa Francesco in una lettera al presidente iracheno Fuad Masum consegnata dal cardinale Fernando Filoni.

La decapitazione del giornalista James Foley non rimarrà impunita. Lo Stato Islamico in Iraq e Levante ne pagherà le conseguenze, aveva detto ieri il presidente americano Barack Obama. «Quando viene fatto del male a degli americani, ovunque nel mondo, noi facciamo ciò che è necessario per far si che venga fatta giustizia», ha affermato il presidente, che ha così replicato - parlando agli americani e al mondo intero - alla sfida diretta che gli hanno lanciato gli jihadisti dell'Isis. Per loro, ha detto, «non c'è posto nel 21/mo secolo», «elimineremo questo cancro».

Nel video della decapitazione di Foley, il boia che gli ha tagliato la gola afferma - rivolgendosi proprio al presidente americano - che si tratta di una risposta ai raid aerei lanciati due settimane fa dall'amministrazione Usa in Iraq. Nel filmato - giudicato autentico dall'intelligence Usa - si vede anche il giornalista americano Steven Joel Sotloff, rapito in Siria, e il terrorista che dice: «La vita di

questo cittadino Usa, Obama, dipende dalle tue prossime decisioni». Ieri il Pentagono ha fatto sapere che nelle ultime ore sono stati lanciati nuovi raid con cacciabombardieri e droni contro postazioni dell'Isis, nei pressi della strategica diga di Mosul.

La politica di Obama non cambia. «Continueremo a perseguire una strategia a lungo termine» contro i miliziani dell'Isis in Iraq, aveva del resto detto alcuni giorni fa Obama, quando aveva interrotto la vacanza a Marthàs Vineyard per presiedere una serie di riunioni a Washington. Una vacanza in buona parte dedicata al golf, che aveva ripreso proprio poche ore prima che venisse diffuso il terribile video, e che ha continuato subito dopo il suo drammatico intervento in diretta tv. Secondo una fonte del Pentagono, il Dipartimento della Difesa sta studiando un piano per l'invio di «un piccolo numero di truppe addizionali». Si tratterebbe di «meno di 300 soldati».

Nell'agghiacciante filmato della decapitazione, l'Isis ha sostenuto di essere ormai «uno Stato, accettato da un gran numero di musulmani in tutto il mondo. Quindi, ogni aggressione contro di noi è un'aggressione contro i musulmani e ogni tentativo da parte tua, Obama, di attaccarci, provocherà un bagno di sangue tra la tua gente».

Anche a questo ha replicato il presidente americano, affermando che «il mondo è inorridito» dal brutale assassinio di Foley e che «l'Isis non parla di religione. Le loro vittime sono in massima parte musulmani e nessuna fede insegna alla gente a massacrare gli innocenti», mentre i suoi miliziani «dichiarano la loro ambizione di commettere un genocidio contro un antico popolo».

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