«Voleva ucciderla. Quanto ha fatto è un chiaro indicatore di tentata violenza su una donna. L'alcol? Non c'entra nulla. Si tratta di un tentato femminicidio». La posizione di Elvira Reale, responsabile dello sportello antiviolenza dell'ospedale San Paolo, è chiara e netta sulle responsabilità della morte di Livia Barbato, la 22enne morta in seguito all'incidente in tangenziale avvenuto nella notte tra venerdì e sabato scorso. Secondo la Reale, che è alla guida dello sportello che è un'eccellenza a livello nazionale nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere, la morte della giovane fotografa non sarebbe stato un errore dovuto alla corsa folle di un uomo ubriaco. Ma un «tentato femminicidio».
Lo dice la nota psicologa, che ha dedicato numerosi libri all'argomento e che così analizza la vicenda: «Appena ho sentito la dinamica dei fatti ho capito che si trattava di violenza psicologica finalizzata all'uccisione della donna.
«I familiari della vittima hanno parlato di “amore assoluto”. Ma questa frase ha già in sè insita l'idea – sbagliata – di possesso e gelosia. Non è amore un “amore assoluto”». Fa riflettere, in effetti, che il pomeriggio del 24 luglio sul suo profilo Facebook la donna aveva postato una foto fatta da lei ad un modello, di cui aveva scritto il nome e accanto al quale aveva fatto un cuore. Un post che potrebbe aver suscitato la gelosia del fidanzato. Ipotesi che, naturalmente, sono al vaglio degli investigatori. Eppure la Reale non ha dubbi: «Lui cercava lo scontro per ucciderla. C'è stata intenzionalità e il fatto che fosse ubriaco non c'entra niente. La dinamica si evince dal fatto che lei si è rifugiata dietro, perché sapeva in quel momento di essere in pericolo.E lui voleva farla sentire remissiva nei suoi confronti, per poi mettere in pratica il suo disegno criminale».
Infine l'appello ai familiari e agli amici dei due fidanzati: «Chi sa parli, specie i genitori. Solo l'analisi del contesto della loro relazione sentimentale potrà far luce su quanto avvenuto. Ma attendiamo ovviamente le indagini della Procura».