Cannabis, a rischio la Fini-Giovanardi: martedì sentenza della Consulta

Carlo Giovanardi
di Silvia Barocci
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Lunedì 10 Febbraio 2014, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 21:52
Potrebbe avere i giorni contati la legge Fini-Giovanardi che nel 2006 ha equiparato le droghe pesanti e quelle leggere, aumentando le pene per lo spaccio di cannabis o hashish e parificandole a quelle per cocaina o eroina.



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La questione di legittimità delle norme, che hanno contibuito a far crescere il numero di detenuti per droga nelle già sovraffollate carceri italiane, arriverà domani all’attenzione della Corte Costituzionale. E - stando ai rumors della vigilia a Palazzo della Consulta - ci sarebbero buone probabilità di una bocciatura della Fini-Giovanardi per violazione dell’articolo 77 della Costituzione, e cioè per disomogeneità tra le norme previste dall’originario decreto legge e quelle poi approvate in sede di conversione parlamentare.



GLI EFFETTI

Se le previsioni della vigilia fossero confermate, una simile pronuncia della Consulta avrebbe effetti sia sui processi in corso sia su quelli già definiti, facendo rivivere le pene più lievi (da 2 a 6 anni di carcere) per lo spaccio di droghe leggere, anziché la reclusione da 6 a 20 anni (e la multa da 26mila a 260mila euro) prevista dalla Fini-Giovanardi. Cosa accadrebbe in caso di bocciatura è difficile prevederlo, tenuto conto che le successive valutazioni, caso per caso, spetteranno al giudice di merito. Ma è bene ricordare che i numeri sono elevatissimi: alla fine del 2013, su circa 23mila imputati ben 8mila risultavano ristretti per violazione della legge sugli stupefacenti, mentre su oltre 40mila condannati, circa 15mila erano in carcere per lo stesso tipo di reati.



IL RICORSO

A portare la questione alla Consulta è stata la terza sezione penale della Cassazione, cui aveva fatto ricorso un uomo che, per il trasporto di 3,8 chilogrammi di hashish, era stato condannato, a Trento, a quattro anni di reclusione e 26mila euro di multa, senza dunque poter ottenere la sospensione condizionale della pena. Secondo la Corte di Cassazione, la Fini-Giovanardi mancherebbe del necessario «nesso di interrelazione funzionale tra decreto legge, formato dal governo, e legge di conversione» parlamentare. A ben guardare, l’originario provvedimento d’urgenza varato dall’allora esecutivo Berlusconi riguardava diversi temi: lo svolgimento delle Olimpiadi invernali di Torino, misure per prevenire e combattere la criminalità organizzata, altre per assicurare il diritto di voto degli italiani residenti all’estero e, infine, norme per favorire il recupero dei tossicodipendenti.



L’aumento delle pene e l’equiparazione tabellare tra droghe pesanti e leggere, invece, erano stati introdotti successivamente in aula, con un maxiemendamento ”monstre” che aveva riscritto il testo e su cui il governo aveva posto la fiducia. Un abuso, questo, contro il quale il Quirinale ha tuonato di recente e che, dal 2010, è stato oggetto di diverse pronunce di illeggittimità. I giudici costituzionali, che affronteranno la questione in camera di consiglio tra martedì e mercoledì, potrebbero bocciare due articoli (il 4-bis e il 4-vicies ter) della legge Fini-Giovanardi perché adottati eccedendo i limiti del legittimo esercizio del potere legislativo in sede di legge di conversione.



IL GOVERNO LETTA

In udienza, domani, dopo che il giudice Marta Cartabbia avrà riassunto i termi della questione sollevata dalla Cassazione, interverrà anche l’avvocatura generale dello Stato, che si è costituita per conto del governo Letta.
Le memorie scritte non lasciano spazio a dubbi: l’esecutivo ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi a favore della legge, rigettando il ricorso della Cassazione (ma anche altri analoghi presentati dal gip di Torino e dalla Corte di Appello di Roma). Motivo: l’intervento governativo del 2006 rispondeva, tra l’altro, «a una esigenza di straordinaria urgenza e necessità nel disciplinare una materia di fondamentale importanza ai fini della tutela della salute individuale e collettiva, nonché ai fini della salvaguardia della sicurezza pubblica».
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