Separati e divorziati sono i nuovi poveri: salgono al 18% queli che si rivolgono alla Caritas

Separati e divorziati sono i nuovi poveri: salgono al 18% queli che si rivolgono alla Caritas
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Domenica 30 Marzo 2014, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 00:37

Il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessit. Lo evidenzia il nuovo Rapporto Caritas 2014 su povertà ed esclusione sociale in Italia, dal titolo 'False partenze', che apre una finestra sul fenomeno della povertà in Italia secondo l'esperienza di ascolto, osservazione e animazione svolta dalla 220 Caritas diocesane presenti sul territorio nazionale. Nel Rapporto è riportata una sintesi dei principali risultati della prima indagine nazionale sulla condizione di vita dei genitori separati, finalizzata a far emergere soprattutto il legame tra rottura del rapporto coniugale ed alcune forme di povertà o disagio socio-relazionale. La rilevazione ha coinvolto la rete Caritas e quella dei Consultori familiari d'ispirazione cristiana. Sono state realizzate 466 interviste a genitori separati, presso centri di ascolto (36,9%), consultori familiari (33,5%), servizi di accoglienza (18,5%) e mense (8,2%). Dai dati si evidenzia un forte disagio occupazionale degli intervistati: il 46,1% è infatti in cerca di un'occupazione. Dopo la separazione, inoltre, diminuisce notevolmente la percentuale di coloro che vivono in abitazioni di proprietà o in affitto. Al contrario aumentano vistosamente le situazioni di precarietà abitativa: cresce il numero di persone che vivono in coabitazione con familiari ed amici (dal 4,8% al 19,0%), che ricorrono a strutture di accoglienza o dormitori (dall'1,5% al 18,3%), o vivono in alloggi impropri (dallo 0,7% all'5,2%).

Il 66,1% degli intervistati dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto di beni di prima necessità (prima della separazione tale percentuale riguardava solo il 23,7% degli intervistati); tra gli utenti Caritas tale percentuale sale all'81,7%. Dopo la separazione, segnala ancora il Rapporto Caritas, aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio: centri di distribuzione beni primari (49,3%), mense (28,8%) e gli empori/magazzini solidali (12,9%). Sempre dopo la separazione si evidenzia un aumento dei disturbi psicosomatici: il 66,7% degli intervistati accusa infatti un numero più alto di sintomi rispetto al pre-separazione.

La separazione incide poi negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione (a fronte di un cambiamento percepito solo dal 46,3% delle donne). Tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,1% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento).

Tra i separati/divorziati che si sono rivolti al circuito ecclesiale la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c'è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un'equa divisione. Per quanto riguarda l'età si tratta in particolare di persone nella fascia d'età centrale (45-54 anni) e di giovani adulti (35-44 anni). Per quanto riguarda il livello di istruzione, prevale la licenza media inferiore (34,9%) seguita dal diploma di scuola media superiore (28,6%), dalla licenza elementare (14,5%) e dall'attestato professionale (10,0%).

Le motivazioni che hanno spinto gli utenti a chiedere aiuto sono legate a bisogni di tipo materiale e immateriale: le difficoltà economiche (21,7%), il disagio abitativo (15,0%), l'impossibilità di accedere ai beni di prima necessità (cibo e vestiario) (12,1%); il bisogno di ascolto (13,1%) e l'assistenza psicologica (12,3%). Ma in quale fase del processo di separazione sono stati intercettati? Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio. Dei procedimenti di divorzio quasi la totalità risulta ormai anche conclusa. Considerando i tempi di separazione, il 34,0% vive uno di questi stati da meno di un anno, il 20,0% da meno di due anni, il 20,2% da un tempo che va dai due ai cinque anni, il 25,8% da oltre 5 anni. Ma quali risultano essere le principali difficoltà intercettate? In primo luogo, segnala il rapporto Caritas, si registra un alto disagio occupazionale.

Gli occupati rappresentano meno di un terzo degli intervistati mentre coloro che sono in cerca di un'occupazione (disoccupati e inoccupati) sono quasi la metà (46,1%). La grave situazione sul fronte dell'occupazione è l'elemento che maggiormente condiziona il post separazione. Esiste un ampio filone della letteratura sociologica che approfondisce il tema delle conseguenze economiche della rottura e quella che potrebbe definirsi una costante è che gli impatti maggiormente negativi (in termini economici) si riscontrano in coloro che risultano più fragili a livello occupazionale. Fino ad oggi, evidenzia il rapporto Caritas, «a ricoprire tale situazioni di svantaggio sono state in primo luogo le donne collocate in posizioni occupazionali subalterne, a volte anche per scelta personale per quella che potremmo definire la divisione del lavoro all'interno del matrimonio».

Rispetto alle interviste realizzate non emerge un particolare svantaggio delle donne; i livelli di disoccupazione, infatti, risultano alti sia per i maschi (45,1%) che per le femmine (41,4%).

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