Cosa si nasconde dietro gli abiti di H&M? La fashion blogger 17enne svela il segreto

Cosa si nasconde dietro gli abiti di H&M? La fashion blogger 17enne svela il segreto
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Venerdì 17 Ottobre 2014, 15:10 - Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 17:39
Cosa si cela dietro un famoso marchio diabbigliamento low cost come H&M? Hanno provato a scoprirlo a loro spese tre giovani fashion blogger norvegesi che hanno raccontato come vengono prodotti gli abiti che troviamo nei negozi di tutto il mondo e ai quali ormai siamo affezionati perché sempre alla moda e a un prezzo accessibile.



Si chiama Sweat Shop ed è un docu-reality realizzato dal quotidiano norvegese Aftenposten su una delle più grandi catene di negozi di abbigliamento “low cost”, il colosso svedese H&M. Le giovani fashion blogger norvegesi sono state inviate in Cambogia, uno dei paesi dove l’azienda produce la maggior parte dei capi, e hanno lavorato per un mese nei laboratori tessili dove vengono realizzati gli abiti, vivendo nelle stesse condizioni degli operai: tra alloggi fatiscenti e turni di lavoro massacranti.



Lo scopo è stato quello di dimostrare che dietro agli abiti che indossiamo tutti i giorni c'è tanta gente sfruttata e trattata al limite del rispetto dei diritti umani. Non è una novità che nei paesi del sud-est asiatico milioni di persone lavorano anche per 16-18 ore al giorno con uno stipendio molto al di sotto di quello che considereremmo “salario minimo”, in condizioni igienico-sanitarie spesso molto precarie e senza tutela alcuna. E le grandi catene dell’abbigliamento, da Zara a Primark passando per Gap e appunto anche per la stessa Hennes & Mauritz, ne approfittano.



LA SFIDA DI ANNIKEN Anniken Jørgensen, 17 anni, è una delle tre blogger che ha partecipato al reality e ha deciso di raccontare la verità, intraprendendo da sola una campagna per far conoscere al mondo le reali condizioni dei lavoratori tessili cambogiani. Alle altre infatti era stato chiesto di omettere molte cose.

La ragazza non ha avuto paura e si è scontrata con il colosso svedese cominciando a fare i nomi delle aziende coinvolte nello sfruttamento degli operai. Situazioni raccontate sul blog che erano state accuratamente censurate anche dallo stesso Aftenposten.



LA DENUNCIA E così, grazie al tam tam del web, la denuncia di Anniken ha cominciato a prendere il largo, diventando virale insieme alla sua iniziativa di boicottare H&M e i suoi abiti. Fino al punto che la stessa azienda ha chiesto di poterla incontrare nella sede principale di Stoccolma annunciando, nello stesso tempo, di aver preso provvedimenti nei confronti dei laboratori tessili a cui commissiona la realizzazione degli abiti.



L'immagine ritratta di H&M, nel programma web-TV è imprecisa e nessuno degli stabilimenti visitati nel programma produce capi di abbigliamento per H&M. Né i produttori né le ragazze ci hanno contattato per chiedere informazioni quando hanno registrato il programma. Ma è importante che i nostri clienti e gli azionisti abbiano un corretto quadro della nostra azienda e delle responsabilità che ci prendiamo.





LA RISPOSTA DI H&M «L'immagine ritratta di H&M, nel programma web-TV è imprecisa e nessuno degli stabilimenti visitati nel programma produce capi di abbigliamento per H&M - spiegano dall'azienda - Né i produttori né le ragazze ci hanno contattato per chiedere informazioni quando hanno registrato il programma. Ma è importante che i nostri clienti e gli azionisti abbiano un corretto quadro della nostra azienda e delle responsabilità che ci prendiamo.

Abbiamo da molti anni fatto dei grandi sforzi nei paesi di produzione esistenti per migliorare le condizioni di lavoro e rafforzare i diritti dei lavoratori. H&M ha uno dei più alti standard di sostenibilità nell'industria al mondo nei confronti dei propri fornitori. È da sempre nella nostra visione aziendale che i lavoratori dell'industria tessile debbano vivere con i propri salari. Tutto ciò è evidenziato anche nel nostro Codice di Condotta».



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