Dai sandali egizi all'arte contemporanea: la mostra Il Calzolaio prodigioso al Museo Ferragamo

Dai sandali egizi all'arte contemporanea: la mostra Il Calzolaio prodigioso al Museo Ferragamo
di Alessandra Spinelli
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Venerdì 19 Aprile 2013, 12:55 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 17:33
Non oscuro l’oggetto che spesso rapisce la mente delle donne bambine nelle fiabe e nella vita di tutti i giorni. Con buona pace degli psicanalisti e anche degli antropologi , o meglio sono, vivide e scintillanti scarpette magiche come quelle di Dorothy del Mago di Oz, o perdutamente vanesie per tragiche eredi di Karen delle Scarpette rosse. Rosse di desiderio o alte su zeppe di sughero, per camminare, certo, evitando l’antico dolore di discendenti di Lucy nel contatto con il ruvido suolo. Ma anche per volare Over the rainbow, e poi planare con i calzari di Mercurio, fare le sette leghe rubando gli stivali del Gatto, seguendo la strada di Pollicino e poi perdersi come una Cenerentola qualunque nel perdere la scarpina più preziosa, quella di cristallo, e rimettere infine i piedi saldamente per terra.



Queste storie eterne e di tutti giorni, fiabe, leggende e miti di scarpe e ciabattini sono il cuore pulsante della mostra Il calzolaio prodigioso, curata da Stefania Ricci, Sergio Risaliti e Luca Scarlini, da oggi al 21 marzo 2014 al Museo Salvatore Ferragamo di Palazzo Spini a Firenze. Un’esposizione complessa, interdisciplinare e multimediale, di stampo neorinascimentale. Così fanno bella mostra di sè il Mercurio del Giambologna (1580) del Museo nazionale del Bargello e i libri di Leon Battista Alberti - Momus sive de principe e Opuscoli morali - stampe del XV e XVI secolo.



LE OPERE

Sulle note di un’ouverture di Luis Bacalov ecco la statua di Mimmo Paladino, che ha un’intera sezione - Il sembra, l’Alzolaio - dedicata ai suoi onirici disegni e raccontata da Alessandro Bergonzoni. Grande bronzo dipinto a olio che dà corpo a una divinità a protezione dei calzolai. A cominciare da La zapatera prodigiosa, manoscritto di Federico Garcia Lorca, che dà il titolo alla mostra e che è per la prima volta esposto in Italia. Come tante scatole cinesi si aprono le microstanze delle meraviglie. Il punto di partenza è ovviamente la storia del capostipite Salvatore Ferragamo, la sua autobiografia - Shoemaker of Dreams, pubblicata a Londra nel 1957 - e le sue creazioni - centrale il sandalo Rainbow creato nel 1939 per Judy Garland - intervallati da testimonianze storiche: le pianelle egizie del Nuovo Regno (1550-1070 avanti Cristo), o le scarpette italiane di seta rosso corallo del 1600.



Il filo che si dipana è tutto fiabesco. Così l’opera Messanger di Annette Lemieux avvicina al mito di Mercurio, quella di Daniel Spoerri a Pollicino, quella di Carol Rama a Cinderella, The red Shoes di Jan Švankmaier alle mitiche Scarpette rosse trasformate in alligatori, l’installazione di Liliana Moro a Pelle d’asino. Gli esperti di narrativa come Antonio Faeti e Michele Rak spiegano il senso delle scarpe nelle novelle - e commovente è la sezione dedicata ai libri per ragazzi anni Venti e Trenta. Studiosi di cinema come Alessandro Bernardi rendono omaggio a 12 film. Scrittori e poeti hanno poi dato vita a nuove storie. Hamid Ziarati ha scritto una favola surreale, Pièpazzia, in cui un bambino un po’ pigro diventa prigioniero dei suoi piedi. Più aggressivo è il segno di Francesca Ghermandi le cui illustrazioni affiancano la favola inventata da Michele Mari, Scarpe fatidiche: una sedicenne riceve un paio non troppo gradite. Mentre Elisa Biagini con Le scarpe logorate dal ballo ci porta nella poesia.



LA STORIA

È invece proprio una favola moderna quella di Salvatore Ferragamo - e questo è il punto d’arrivo della mostra- raccontata sia dal fumetto di Frank Espinosa che dal magico cortometraggio, creato da Mauro Borrelli e dal premio Oscar Rick Heinrichs. Una racconto epico - undicesimo di quattordici figli, partì da Bonito, Napoli, per gli Usa, dove conobbe la fama di Hollywood e tutte le divine che poi lo fecero grande nel mondo anche quando tornò in Italia e nella Firenze tanto amata - che ha nell’incipit il suo cuore fiabesco.



Il piccolo Salvatore passava ore dal ciabattino del paese Luigi Festa e un giorno tornando a casa trovò la mamma piangere. Il giorno dopo la sorella Giuseppina avrebbe fatto la comunione ma non c’erano i soldi per le scarpe. Salvatore prese tela bianca, cartone, chiodi, colla, due piccole forme e un po’ di attrezzi. Lavorò tutta la notte e all’alba le scarpe per la sorella erano pronte. Erano le White shoes - è il titolo del cortometraggio - le sue prime scarpe, più dolci e potenti, più desiderate delle magiche scarpette rosse. Una fiaba? Come scrisse Italo Calvino: «Le fiabe sono vere, sono il catalogo dei destini».
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