Vermeer, Van Gogh e Rembrandt:
riapre il Rjiksmuseum di Amsterdam

Vermeer, Van Gogh e Rembrandt: riapre il Rjiksmuseum di Amsterdam
di Marco Berchi
4 Minuti di Lettura
Sabato 6 Aprile 2013, 10:51
AMSTERDAM - Una piccola porta spiega tutto. l’antica porta d’ingresso del Rijksmuseum di Amsterdam; larga meno di due metri, ha visto passare, con fatica crescente, un milione e mezzo di visitatori ogni anno. L’architetto olandese Pierre J. H. Cuypers, vincitore del concorso bandito nel 1876 per costruire un museo destinato ad ospitare le glorie artistiche dei Paesi Bassi, certo non poteva prevedere il boom del turismo. E progettando il monumentale edificio che fu inaugurato nel 1885 fece sì le cose in grande ma non abbastanza da reggere l’enorme afflusso di visitatori. Anche perché, negli anni, quella che era un’area ai margini della città è diventata la spianata dei musei, con il Museo Van Gogh, lo Stedelijk e il Concertgebouw a poca distanza: uno dei poli culturali più importanti del mondo.

È il 2000 quando gli olandesi prendono la storica decisione: si deve cambiare, il museo non ce la fa più, progressivi ampliamenti lo hanno reso labirintico. Inizia così un percorso complesso e non privo di “stop and go” che vede l’assegnazione dell’incarico progettuale agli architetti spagnoli Cruz e Ortiz e che, soprattutto, obbliga alla chiusura totale del museo.



LA FESTA



Un percorso che si concluderà sabato prossimo 13 aprile con la riapertura ufficiale alla presenza della Regina Beatrice, che 15 giorni dopo abdicherà in favore di Guglielmo Alessandro. Qui ad Amsterdam c’è orgoglio e consapevolezza che senza il Rijks la città è stata un po’ orfana, per ben dieci anni. Anche per questo il 13 sarà festa grande, con bande musicali e con uno spettacolo sulla Museumplein affidato alla regia di Penny Jones (già regista delle cerimonie olimpiche) e con accesso gratuito per tutti (dalle 12) al museo, che riaprirà ufficialmente la domenica.

Ma come si presenterà il nuovo Rijksmuseum? Lo abbiamo visitato in anteprima: il primo impatto è molto piacevole. Non solo per merito dell’architettura del magnifico Atrium (2330 mq.) in cui Cruz e Ortiz hanno dato il meglio, coprendo i cortili interni dalle facciate in mattoni e realizzando caldi pavimenti in pietra; ma soprattutto grazie al fatto che l’ingresso all’Atrium, alla caffetteria e ai giardini è libero e vi si può quindi sostare anche senza accedere al museo vero e proprio.

Il quale museo è stato completamente rimodellato, negli spazi, negli allestimenti, negli arredi con l’obiettivo, raggiunto, di “traghettare Cuypers nel XXI secolo”. Costo finale dei lavori: 375 milioni di euro.

Nessuna tra le opere si trova nella posizione in cui era prima dell’intervento e ora le collezioni sono esposte secondo un percorso cronologico che permette un vero viaggio nel tempo. «Abbiamo voluto che le ottomila tra opere e oggetti fossero protagonisti assoluti» dicono all’unisono Taco Dibbits, giovane direttore delle collezioni, e Jean Michel Wilmotte, progettista degli allestimenti.

Chi gira per musei sa bene che il Rijks, pur con i suoi 44.500 metri quadri, non è certo il più grande né il più ricco del mondo. Ha un segreto però: quello di ospitare alcuni capolavori imprescindibili, opere che “bisogna” vedere almeno una volta nella vita.



LE OPERE



Il must, è “La ronda di notte”, il capolavoro di Rembrandt. Cuypers, lo si può ben dire, ci aveva letteralmente costruito il museo attorno e la collocazione provvisoria durante il decennale intervento di ritrutturazione la penalizzava fortemente. Ora, la “Ronda”, unica tra tutte le opere del museo, è tornata al suo posto originale, in fondo al formidabile cannocchiale prospettico della Galleria d’onore, al secondo piano. Difficile evitare di correre subito a vedere questo capolavoro. L’impressione è davvero formidabile; in una sorta di incedere maestoso, il visitatore, che già scorge il grande quadro al termine della galleria, è invitato a soffermarsi perché lungo il percorso ci sono “solo” alcuni Vermeer — tra cui la bellissima “Lattaia” — e altri due Rembrandt.

Un visitatore non distratto è portato a chiedersi che cosa dovesse essere l’Olanda del “Secolo d’Oro”, che razza di temperie culturale la percorresse se, come si scopre leggendo le nitide didascalie (in inglese), in quegli anni l’acquisto di quadri fosse cosa comune per tutte le famiglie e se anche nelle case più modeste, e addirittura in cucina, fosse consuetudine appendere qualche tela. «Altri tempi? Certo» dice il direttore Wim Pijbes. «Ma siamo orgogliosi di continuare quella tradizione incentivando le visite per i giovani (gratis per gli under 18) e dando ampio spazio ai centri di ricerca e formazione per il disegno e il restauro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA