Città del Vaticano – Ci sono cristiani che hanno sempre un rosario in mano ma in realtà non sanno adorare Dio. «Che cosa ci insegna questo? Che...
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E alla fine, spiega Francesco, il rischio che si corre è serio: «Ci si serve di Dio anziché servire Dio. Quante volte abbiamo scambiato gli interessi del Vangelo con i nostri, quante volte abbiamo ammantato di religiosità quel che ci faceva comodo, quante volte abbiamo confuso il potere secondo Dio, che è servire gli altri, col potere secondo il mondo, che è servire sé stessi!». Lo spunto per questa meditazione gli arriva dalla figura di Erode, il monarca di Giudea che secondo le scritture fa uccidere tutti i bambini nel tentativo di includere anche Gesù bambino.
A fianco della figura di Erode – incapace di adorare Dio – Francesco mette anche gli scribi e i sacerdoti. Un po' come certi teologi oggi. «Conoscono le profezie e le citano esattamente. Sanno dove andare, ma non vanno. Anche da questo possiamo trarre un insegnamento. Nella vita cristiana non basta sapere: senza uscire da sé stessi, senza incontrare, senza adorare non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono».
Cosa significa allora adorare Dio? Francesco spiega ancora una volta che la fede non è un insieme «di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare. È stando faccia a faccia con Gesù che ne conosciamo il volto. Adorando, scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio, dove non bastano le buone idee, ma bisogna mettere Lui al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama». Adorare implica arrivare all'essenziale: «la via per disintossicarsi da tante cose inutili» e «rifiutare quello che non va adorato: il dio denaro, il dio consumo, il dio piacere, il dio successo, il nostro io eretto a dio». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero