Debito e Irpef affondano Roma: voragine da 13,6 miliardi nelle casse del Comune

Debito e Irpef affondano Roma: voragine da 13,6 miliardi nelle casse del Comune
ROMA - Un buco nero da 13,6 miliardi di euro. Una voragine che inghiottisce tutti i romani costretti a pagare chissà ancora per quanto l'aliquota Irpef più alta...

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ROMA - Un buco nero da 13,6 miliardi di euro. Una voragine che inghiottisce tutti i romani costretti a pagare chissà ancora per quanto l'aliquota Irpef più alta d'Italia. La relazione sulla gestione commissariale del debito (anteriore al 2008) di Roma Capitale è arrivata in queste ore in via XX Settembre, sul tavolo del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Un dossier molto asciutto, 13 pagine in tutto, che porta la firma di Silvia Scozzese, già lady dei conti capitolini con il sindaco Ignazio Marino e dallo scorso agosto commissaria del debito, su nomina del Governo, al posto di Massimo Varrazzani.


L'ENTITÀ DEL BUCO
E' la quantificazione del «buco» a lasciare poco spazio alla fantasia: 13,6 miliardi di euro. In poche parole due volte il bilancio del Campidoglio. Oltre i tre quarti del debito complessivo è riferito a mutui contratti dal Comune prima del 2008, che la gestione commissariale sta pagando da quando ha iniziato la propria attività. La «bad company» fu creata dal governo Berlusconi, con l'arrivo di Gianni Alemanno sul colle capitolino, per cercare di infettare il meno possibile i conti dell'ordinaria amministrazione della Capitale. Ma è la morfologia del deficit ad assomigliare ancora a un mare tutto da esplorare. Durante questi mesi di ricognizione sono stati messi in evidenza alcuni aspetti singolari. Un esempio? I debiti diversi dai mutui, poco meno della metà risultano «alla data odierna» classificato come «indefinito». Si tratta per la maggior parte di buchi riferiti a espropriazioni, quindi legati a lunghissime vertenze giudiziarie. A partire dai terreni e gli immobili dell'area dello Sdo di Pietralata: un progetto mai decollato che adesso sta presentando il conto. Un caos visto che esistono ancora dubbi sull'attribuzione di quei debiti: sono da mettere in carico alla gestione commissariale o al bilancio ordinario del Campidoglio? Anche le posizioni creditorie attribuite alla Gestione commissariale risultano in larga parte «indefinite». Insomma, non si sa da chi prendere e da chi ricevere per ripianare il buco. Nel dossier spedito ai ministeri si cerca anche di proporre un paio di soluzioni. Fino ad oggi l'attività della Gestione commissariale è dipesa dalla iniziativa del Comune di Roma, si legge nella relazione, in quanto le attività di gestione del debito (necessarie per i pagamenti) passano per forza e in ogni caso per gli uffici del Campidoglio. Nel dossier, si propone di «approntare una organizzazione amministrativa e contabile autonoma e idonea allo scopo, nonché di individuare modalità di coinvolgimento attivo di Roma Capitale per realizzare l'obiettivo del rientro».

 

E inoltre si consiglia di dividere per sempre le due casse. Se questi sono i suggerimenti, le conclusioni che stanno girano tra le mani dei tecnici del Governo sono ancora più amare. Dopo otto anni dalla separazione del debito pregresso del Comune di Roma, una buona parte del bubbone è ancora lì. Ergo: l'attività da svolgere è ancora intensa le questioni più complesse necessitano di essere risolte al fine di procedere alla chiusura del vecchio conto del Campidoglio. Quando si vedrà la luce in fondo al tunnel? Anche questo è difficile da sapersi. «In ragione di quanto sopra non può sussistere oggi certezza sui tempi di definitiva chiusura della procedura di rientro del debito pregresso». Con buona pace dei romani costretti a pagare, chissà ancora per quanto tempo, l'aliquota Irpef più salata del Paese: il 9 per mille (contro il tetto nazionale dell'8), di cui quasi la metà finisce direttamente a tappare la voragine dei debiti storici. Un oceano svuotato finora a colpi di secchiello. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero