Tre stelle Michelin e una vita passata in cucina: la saga della famiglia Cerea diventa un libro

Tre stelle Michelin e una vita passata in cucina: la saga della famiglia Cerea diventa un libro
Sono solo nove le Tre stelle Michelin italiane, il giudizio più alto cui un ristorante può aspirare. Le Stelle vengono assegnate non al singolo cuoco ma al...

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Sono solo nove le Tre stelle Michelin italiane, il giudizio più alto cui un ristorante può aspirare. Le Stelle vengono assegnate non al singolo cuoco ma al ristorante. In un caso – senza tema di smentita – possiamo però affermare che il riconoscimento è per una intera splendida famiglia. Ci riferiamo ai Cerea, il cui regno è il ristorante Da Vittorio a Brusaporto in provincia di Bergamo. La prima stella è del 1978 quando ancora c'era il padre Vittorio a dirigere l'orchestra. I tre macaron sono arrivati invece nel 2010 quando ormai a governare a pieno ritmo l'intera attività erano figli e figlie, generi e nuore.


A 50 anni dalla nascita del ristorante, Mondadori manda in libreria il ricchissimo volume “Da Vittorio, storie e ricette della famiglia Cerea” (214 pagine, 49 euro), un libro che parla non solo di cucina, ma dell'ingrediente principale del successo che è l'armonia. Il volume racconta l'avventura straordinaria dell'intera talentuosa famiglia. Ovviamente il primo capitolo è dedicato a Mamma Bruna che con Vittorio ha condiviso quarantacinque anni di vita intensa e assoluta.
«Dopo di lui – racconta - la commozione quotidiana del ricordo. Se lo penso in cucina non riesco a reggere l’emozione, non posso descriverlo, troppa bellezza, troppa grandezza». Il primogenito è Enrico, anzi Chicco per i tantissimi amici. Persona garbatissima, uno dei più grandi cuochi italiani. Ha iniziato da ragazzo, come racconta: «Sparecchiavo, spazzavo, preparavo i tavoli, mi rendevo utile, sentivo di doverlo fare. Fin da bambino, vedevo mio padre lavorare senza mai distrarsi, senza staccare un attimo, senza pensare ad altro se non al suo obiettivo, al risultato». Quindi, ecco il manager, Francesco. Perché quella dei Cerea è una vera e propria “industria del buono”: ristoranti, albergo, pasticceria, bar, il miglior catering d'Italia, consulenze in mezzo mondo (Hong Kong, New York, Parigi, Abu Dhabi). Un giro d'affari, secondo un recente articolo del Sole 24 Ore, che supera i 15 milioni di euro e che li posiziona al primo posto tra le aziende di ristorazione in Italia.


Francesco, si occupa di numeri e del personale, ma lo fa con la stessa passione degli altri membri della famiglia.
«La passione - dice - non è qualcosa di naturale, non nasce con te. La passione va coltivata, curata, sostenuta. La passione ha bisogno di stimoli, di una guida, di qualcuno che ti indichi la strada, che veda quello che tu ancora non vedi”» Le sorelle sono due. Barbara gestisce il bar a Bergamo alta e il bistrò all'aeroporto di Orio al Serio. Di se dice: «Sono una Cerea fuori dal coro, fiera di esserlo. Il mio cognome è un regalo, la mia famiglia è meravigliosa e mio padre è stato un uomo straordinario, ma la vita, mi ha portato a un rapporto interpersonale meno simbiotico, meno inclusivo». «Sono la più piccola della famiglia – adesso è invece Rossella a parlare - e ho cercato di farmi largo: quando sono nata c’erano già tutti e sono stata certamente coccolata, viziata mai. Avere quattro fratelli è una ricchezza, siamo sempre andati d’accordo». Rossella è la responsabile dell'accoglienza. Infine, ma non per l'età, Roberto detto Bobo. Posto in chiusura perché è lui che a fine pasto ci lascia la bocca dolce. Bravissimo cuoco del salato, nei dolci è davvero insuperabile. I suoi ricordi: “«e penso a quando eravamo piccoli, ricordo solo il ristorante. A casa non salivamo mai, tutto il nostro mondo era lì. Un pulmino ogni mattina ci portava nelle rispettive scuole e poi veniva a riprenderci». Detto della famiglia, cosa dire dei piatti? Visto il bellissimo libro, meglio lasciare parlare le immagini di Paolo Chiodini. Perchè «il gusto - come dice Chicco – passa anche dagli occhi … la bellezza predispone al gusto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero