Rai: Conti, Lippi e Magalli in palinsesto. Volti familiari dopo gli addii vip, ecco tutti i nomi

Ieri un primo confronto tra l’ad Roberto Sergio e il dg Giampaolo Rossi con i direttori di genere

Rai: Conti, Lippi e Magalli in palinsesto. Volti familiari dopo gli addii vip, ecco tutti i nomi
I più modernisti del nuovo corso Rai - a loro piacerebbe anche essere chiamati futuristi - ironizzano bonariamente: «Qui, se non ci andiamo piano, finisce che viene...

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I più modernisti del nuovo corso Rai - a loro piacerebbe anche essere chiamati futuristi - ironizzano bonariamente: «Qui, se non ci andiamo piano, finisce che viene resuscitato il Quartetto Cetra o che ci ritroviamo Al Bano spalmato su tutti i palinsesti». Puntare su tutto su Baudo o su Arbore non si può, per eccesso d’anagrafe. Ma a Viale Mazzini la tendenza - giustificata, perché il pubblico vuole essere rassicurato con volti conosciuti - è quella di partire dall’usato sicuro, specie in una fase in cui sono in atto tanti rivolgimenti e il rischio spaesamento (è domenica sera, e Fabio Fazio dov’è?) va evitato a tutti i costi.

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E dunque, per cambiare ma per ancorarsi allo stesso tempo alle certezze di sempre, ieri proprio di palinsesti si è parlato nella riunione, interlocutoria, del comitato editoriale della Rai che da sette anni non veniva convocato. S’è trattato di un primo confronto tra l’ad Roberto Sergio e il dg Giampaolo Rossi con i direttori di genere: big del calibro di Marcello Ciannamea, del PrimeTime, e Angelo Mellone, del DayTime, più tutti gli altri compreso Paolo Corsini che guida gli Approfondimenti informativi ossia i talk show politici. Chi ci sarà al posto di Lucia Annunziata? Ma anche o soprattutto: come supplire all’uscita di volti notissimi, agli occhi dell’Italia televisiva e nazional-popolare, come quello di Fabio Fazio? La strategia della Rai è quella manzoniana dell’”adelante, con juicio”. Ovvero, avanti ma senza strappare troppo. E così, serve dare forza all’usato sicuro e insieme alle “pantere grigie”, ovvero a chi è già ben conosciuto presso il pubblico, che è abitudinario, e a chi rappresenta la storia catodica di questo Paese. 

Giancarlo Magalli avrà spazio e grande ascolto sul palcoscenico della nuova-vecchia Rai. Claudio Lippi sarà protagonista del ritorno in Rai con una nuova trasmissione. E se si guarda avanti, c’è anche insieme molta attenzione all’amarcord - «Noi aggiungiamo, non dimentichiamo, vediamo il futuro ma abbiamo il culto della storia della Rai», è il mood al Settimo Piano - e guarda caso Carlo Conti tra pochi giorni sarà in onda con «I migliori dei migliori anni»: trasmissione in cui la tivvù nazional-popolare riconosce se stessa e rilancia la propria memoria. E non c’è nulla di più futuro che il passato, è la convinzione della governance a Viale Mazzini. 

LA LINEA

Proprio perché si vuole investire sui volti più noti e apprezzati, Monica Maggioni sembra avere più possibilità - rispetto a Luisella Costamagna, voluta dai 5 stelle, o a Monica Giandotti reduce da Agorà - di sostituire nella fascia della domenica a pranzo Lucia Annunziata sui Rai3. Ma lei o altri in quella fascia corrono il pericolo di essere schiacciati da pezzi da novanta come la Venier su Rai1 con Domenica in E per SuperMara s’annunciano fasti come sempre e più di sempre nella Rai che guarda avanti ma anche indietro e che vuole credere nei talenti di sempre come marchio di antica qualità, quasi dei classici. La sera, a riprova del gusto del tradizionalismo, è sicuro il turnover Insinna-Insegno all’Eredità. Così come, ed è una delusione al Settimo Piano, è sicuro che non arriverà in Rai il top player Nicola Porro. Ma Incoronata Boccia - quota sovranista - è data per certa vicedirettrice del Tg1. 

Guai a chi tocca - usato molto sicuro - Federica Sciarelli. E da qui al 7 luglio, data di presentazione. Come lui: è super-blindato Amadeus. Il puntare sui “vecchi” significa poi Carlo Conti uber alles con Tale e Quale, Antonella Clerici a tutto gas e anche la Carlucci con Ballando viene potata in palmo di mano. La linea per ora è: rinnovamento nella stra-continuità, perché la troppa rivoluzione spaventa e l’eccesso di baldanza può costare caro in termini di ascolto e di pubblicità.

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