Violentata a Roma, la svolta: c'è il nome del capobranco

Violentata a Roma, la svolta: c'è il nome del capobranco
C'è un nome e c'è un identikit: capelli corvini, folti, una specie di ciuffetto riccio sulla fronte, non molto alto, dal fisico mingherlino eppure capace di...

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C'è un nome e c'è un identikit: capelli corvini, folti, una specie di ciuffetto riccio sulla fronte, non molto alto, dal fisico mingherlino eppure capace di trasformarsi in una furia indomabile. Quando giovedì notte insieme con tre amici, tutti ubriachi, si è avventato su Silvia (è un nome di fantasia), 44 anni, nella vecchia Panda sotto il cavalcavia della bretella Fiano-San Cesareo al confine tra Roma e Guidonia, indossava una t-shirt bianca e pantaloncini corti. «Quel suo sguardo cattivo non lo dimenticherò più - dice la vittima - incrociare i suoi occhi era puro terrore».


Gli agenti del commissariato di Tivoli stanno stringendo il cerchio attorno al branco composto molto presumibilmente da bengalesi, di età compresa tra i 30 e i 40 anni («mi dicevano siamo Bangladesh, siamo bravi, stai tranquilla», ha raccontato la donna). «Gli altri li ho visti poco o niente - aggiunge Silvia - quello che era con lui quando mi hanno caricato a forza nella Panda, si teneva una pashmina davanti alla bocca per coprirsi mezza faccia e non parlava mai; degli altri, quelli che aspettavano sotto il ponte in mezzo alla discarica abusiva, i tratti non li ricordo, si sono seduti dietro anche loro e intorno a me nel buio più fitto vedevo solo il bianco spiritato di sei occhi, sembravano Satana».

L'uomo che ha detto il suo nome durante il tragitto dalla fermata del bus di via Tiburtina di fronte alla metro Rebibbia, fino in via della Selciatella, a Guidonia, in un goffo tentativo di tranquillizzare Silvia le raccontava di essere «un meccanico», di stare «in Italia da 9 anni» e che la Panda aveva uno sportello rotto «perché devo finire di ripararla per un cliente».

Sulla ricostruzione degli eventi verbalizzata dalla donna sono in atto riscontri, non è escluso che Silvia potrebbe essere risentita nelle prossime ore. Tutte bugie, quelle dette dal capobranco, o mezze verità? «Ho pensato piuttosto che quella belva potesse lavorare in un distributore di benzina - confida Silvia - mentre guidava come un pazzo, per cercare di sfuggire alla trappola, ho cercato di parlarci un po', gli ho chiesto come si chiamasse, ho bluffato dicendogli che ero sposata e avevo figli, ma non gli importava, e allora per convincerlo a farmi scendere gli ho detto pure mi prendo il tuo numero, anzi guarda, ti do il mio, non ti prendo in giro, così ci vediamo domani. Forse è un caso ma ieri (sabato, ndr) ho ricevuto tre chiamate da un numero sconosciuto, dall'altra parte c'era qualcuno ma non parlava e riattaccava. Temo fosse lui».

L'APPELLO DELLA VITTIMA

I poliziotti di Tivoli e i colleghi della Squadra mobile capitolina, stanno vagliando le immagini delle telecamere di aziende e attività commerciali posizionate sul percorso della Panda, specie nella zona industriale. Prima vicino a un McDonald, poi nei pressi di un fabbrica di biscotti, i due uomini sulla Panda con a bordo anche Silvia si sono fermati a parlare con le prostitute: «Le hanno salutate, torniamo dopo, dicevano», ricorda la 44enne, che lavora come comparsa in tv. Gli agenti stanno ascoltando anche alcune schiave del sesso. Sulla figura di S. come leader dei bravi stile Arancia Meccanica si concentrano le indagini. Soprattutto dopo che Silvia ha raccontato che lui ha voluto filmare con il telefonino la violenza facendole vedere altri video «in cui c'era lui che stuprava delle donne, forse dell'Est». Potrebbe essere uno stupratore seriale. Silvia che, nonostante tutto, ha trovato la forza di reagire lancia un appello: «Se ci sono altre vittime, se qualcuno conosce quelle bestie, lo dica alla polizia. Non bisogna subire».
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Il Messaggero