Parmitano arrivato sull'Iss: «Volo magnifico, ora inizia missione Beyond»

Luca Parmitano è di nuovo sulla Stazione spaziale internazionale: il quadretto "Casa dolce casa" giusto da raddrizzare un po' sulla parete vicina...

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Luca Parmitano è di nuovo sulla Stazione spaziale internazionale: il quadretto "Casa dolce casa" giusto da raddrizzare un po' sulla parete vicina all'airlock dove l'aveva appeso sei anni fa nella sua prima missione. «Un volo magnifico» ha detto alla moglie Kathryn e alle figlie Sara e Maia poco prima delle 3 di domenica, a dieci ore dal roboante decollo dal cosmodromo di Bajkonur.


L'astronauta, terminate le operazioni di docking (attracco) iniziate 50 minuti dopo la mezzanotte di sabato,  ha  lasciato la navicella Sojuz per ultimo, preceduto dal veterano russo Alexander Skvortsov e dalla matricola americana Andrew “Drew” Morgan: tutta un'altra entrata in scena, insomma, rispetto a quella della sua prima missione (Volare) nel 2013, quando sfrecciò dentro la stazione con un sorriso bambino che contagiò non solo l'Italia.
 


L'INTERVISTA ALLA VIGILIA DELLA PARTENZA

Comandante Luca Parmitano, il rito della pipì sulla ruota del minibus che vi porterà oggi alla rampa di lancio sarà lei a ordinarlo?
«Sì, ci mancherebbe: da 1961, da Jurij Gagarin in poi, i cosmonauti e gli astronauti che stanno per decollare da Bajkonur rispettano scrupolosamente questa tradizione. Goliardia o superstizione fate voi. Fatto sta che questa “cerimonia” lontano dai riflettori contribuisce ad allentare la tensione in quegli ultimi minuti prima di essere “sparati” in orbita a 28.800 chilometri orari».

Dalle 18.28 odierne sarà di nuovo nello spazio per la missione di lunga durata (sei mesi) Beyond (Oltre) sulla stazione internazionale come quella del 2013 (Volare): che emozione in quegli abbracci con la moglie americana Kathryn e le figlie Sara e Maia, 12 e 9 anni, nei giorni scorsi.
«Già, una situazione molto forte e assai diversa da quella della prima volta, quando né io né loro, con le bimbe all’epoca così piccole, sapevamo che cosa ci aspettasse nei mesi successivi - risponde da Bajknour il catanese, 42 anni, astronauta dell’Agenzia spaziale europea e pilota sperimentatore dell’Aeronautica militare -  Non c’è certo bisogno di andare nello spazio per capire quanto ci si vuole bene fra marito e moglie e tra padre e figlie, ma questo ennesimo “arrivederci” tra noi, avvenuto prima che entrassi in “quarantena” al cosmodromo In Kazakhstan, ha confermato di nuovo l’amore che lega una famiglia in cui il papà fa di mestiere l’astronauta e che tra addestramento e missioni è spesso lontano da casa».  

 

Di rinvio in rinvio la data di partenza della missione dell'Agenzia spaziale europea ha finito per coincidere con il 50° anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna.
«Che meraviglia: con il collega americano Andrew “Drew” Morgan, medico e ingegnere dell’esercito, alla prima missione, e con quello russo, il pilota veterano dello spazio, Alexander Skvortsov, ce ne siamo rallegrati parecchio. Io e Drew nel 1969 non eravamo ancora nati, mentre Alexander aveva solo tre anni, ma l’avventura dell’Apollo è presto entrata nelle nostre vite di bambini che sognavano di diventare astronauti».

COME SEGUIRE A OCCHIO NUDO L'INSEGUIMENTO TRA SOJUZ E ISS

Sembrate già un film: “I tre colonnelli nello spazio”. A proposito, complimenti per la fresca promozione. Inoltre lei sarà il primo italiano, e solo il terzo europeo, a essere comandante della stazione spaziale, ruolo quasi sempre diviso tra americani e russi.
«Grazie, sono estremamente onorato sia della promozione ricevuta dall’Aeronautica militare sia del compito di guidare le attività su una realtà affascinante e complessa come la stazione internazionale, ma in realtà i gradi, che peraltro agli americani interessano assai meno che ai russi, io li intendo come responsabilità e impegno a essere totalmente al servizio della missione e dei compagni. Dovrò dare l’esempio in ogni istante, anche nello scarsissimo “tempo libero”, e dovrò cercare di aiutare i miei compagni, eccezionali professionisti, a dare il meglio anche nelle situazioni più complicate».

C’è un astronauta dell’epopea dell’Apollo che avrebbe voluto essere? Va bene, la risposta è scontata: Neil Armstrong?
«E invece no. Non sono mai stato interessato ai record che del resto, come dice la mia collega e amica Samantha Cristoforetti, sono destinati a essere battuti. Sono sempre restato colpito, in verità, dalla missione dell’Apollo 9, avvenuta nel marzo 1969, quella di James McDivitt, David Scott, Russell Schweickart. Restarono in orbita alla Terra per testare, con grande successo, tutte le manovre poi eseguite dalla missione Apollo 11. Sarà perché sono pilota sperimentatore, ma mi identifico in quei tre astronauti, mentre se proprio devo scegliere fra i 12 che hanno camminato sulla Luna dico Eugene Cernan».

Proprio l’ultimo, nel 1972?
«Sì, perché l’ho conosciuto e sono restato ammirato dalla sua modestia e dal suo spirito di servizio. Un grande professionista e un grande uomo».

La Luna, da astronauta 42enne e anche trascinante scrittore alla ricerca dell’infinito, le è consentito sognarla?
«Certo, i sogni sono indispensabili per rafforzare le motivazioni e, sì, scrivere mi piace, ma per l’idea di condividere le emozioni con chi non ha il privilegio di poterle vivere in prima persona come noi astronauti. Sì, forse la Luna posso metterla nel mirino, magari con il “villaggio” allo studio dall’Agenzia spaziale europea, mentre Marte, in attesa di scatti della tecnologia dei propulsori, è molto più difficile per chi è della mia generazione».

LE NUBI LUMINESCENTI NIOTTURNE DELL'ASTRONAUTA LUCA PARMITANO

Ancora più vicina del ritorno dell’uomo sulla Luna c’è la stazione Lunar Gateway in cantiere dall’anno prossimo.
«Sì, orbiterà attorno alla Luna e sarà un potente trampolino per le missioni lunari e per quelle marziane. Potente anche perché vedrà di nuovo la collaborazione fra tanti Stati che magari sulla Terra non vanno così d’accordo. Ma dallo spazio, lo dico sempre, i confini non si vedono. Per il Lunar Gateway si sarà un forte contributo delle aziende italiane così com’è avvenuto per la stazione internazionale in cui la metà dei moduli abitativi sono “made in Italy” con il coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana che pure ha allestito 6 degli esperimenti che seguirò nei prossimi mesi insieme agli oltre 200 già corso».

Avrà a che fa anche con dei girini?
«Sì, il test si chiama Xenogriss, dalla rana tropicale Xenopus, e serve a capire come funzionano i processi di crescita e rigenerazione in situazione di microgravità. Molti dei test in corso servono appunto a preparare l’uomo per le prossime missioni esplorative che si allontaneranno così sensibilmente dalla Terra rispetto ai 400 chilometri di quota della stazione internazionale».

Beyond, appunto.
«Sì, oltre. Per questo, dopo aver scelto il nome della missione, nel suo logo ho voluto inserire riferimenti alla Luna e a Marte». 

Però il suo collega Buzz Lightyear, di Toy Story, ispirato all’astronauta Buzz Aldrin, vuole di più: vuole andare oltre l’infinito.
«E’ questo il bello dello spazio: l’uomo ha in sé, innata, la voglia di raggiungere nuove mete e appunto lo spazio, fortunatamente inconquistabile perché infinito, non farà che rispondere per sempre a questa sua formidabile esigenza».

Nonostante abbia rischiato di annegare nello spazio per un’avaria alla tuta nella sua seconda “passeggiata” extraveicolare il 16 luglio 2013, non vede l’ora di staccare di nuovo l’ombra dalla stazione internazionale.
«E come non potrei avere voglia di trovarmi nel vuoto a 400 chilometri di altezza sulla Terra vestito solo della tuta, nel frattempo divenuta a prova di annegamento? E’ una di quelle sensazioni che si fa persino fatica a descrivere perché ancora non è stato compilato un vocabolario per le emozioni vissute da meno di 600 persone dal 1961 a oggi, una bazzecola rispetto a linguaggi che hanno più di 3mila anni e assimilati da miliardi di esseri umani. Io ci provo, ma a volte mancano davvero le parole».

Ma la farà o no un’altra passeggiata?

«Ne sono previste alcune e mi sono addestrato per poterle effettuare. E’ anche una questione di fisico: provate voi, ad esempio, a stringere una pallina da tennis per otto ore consecutive, sia pure senza quei guantoni che abbiamo noi per impugnare chiavi inglesi e trapani. A ogni modo mi piacerebbe effettuare quelle per la manutenzione e riconfigurazione dell’Alpha Magnetic Spectometer (Ams), cacciatore di antimateria e di materia oscura che serve a capire l’origine dell’universo e che conta anche sulla partecipazione dell’astrofisico Roberto Battiston, ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana». 

IL BLOG DI LUCA PARMITANO E DELLA MISSIONE BOYOND Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero