La vita dell'eretico Simon Mago è avvolta nella leggenda, come la sua sfida ai santi Pietro e Paolo, e la sua stessa morte. Egli, però, è stato a lungo...
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LA FAMA
Ed appunto tra i simoniaci lo colloca l'Inferno di Dante: nella terza bolgia. La sua Disputa con San Pietro sarà poi eternata da Filippino Lippi a Firenze, a Santa Maria del Carmine, nella Cappella Brancacci. E la fine, in alcune preziose illustrazioni antiche e nel Ciborio di Andrea Bregno, ora in Vaticano, che Sisto IV della Rovere volle sulla tomba di Pietro, fino a Confessione berniniana. Parlano di lui vari autori, come Giustino ed Ireneo. Vive a Roma durante gli imperi di Claudio e Nerone. E qui, ottiene la fama, ed è pubblicamente sfidato in un confronto da Pietro e Paolo. Due le leggende sulla sua morte. In una, si fa seppellire, per dimostrare di poter risorgere anch'egli dopo tre giorni. Ma invece, muore ovviamente nella tomba. Per l'altra diceria, che conta maggiori adepti, il suo exitus avviene durante una dimostrazione di lievitazione al Foro Romano, perfino davanti a Nerone, forse attratto dalle sue idee: dopo le preghiere di quanti gli erano avversari, precipita. Chi lo dice morto; chi soltanto con una gamba rotta, ma per essere poi lapidato sulla piazza.
LA PIETRA
Tra le leggende che ne narrano le gesta, una lo vuole capace di passare attraverso i solidi, e fare dei miracoli illusionistici, animando le statue. Poi, si opponeva alla Chiesa, che stava ancora nascendo. Per qualcuno, avrebbe perfino cercato di resuscitare un morto, finché Pietro non lo interrompe, provvedendo in vece sua. Ma di tutto, s'intende, non esistono verità storicamente dimostrate. La sua morte sarebbe avvenuta tra il 64 e il 65, e il luogo, pare che sia stato quello su cui poi sorse la chiesa di Santa Maria Antiqua. Tra chi pregava perché la sua folle dimostrazione di volo non avesse esito, c'era anche Pietro; si sarebbe inginocchiato su una pietra, in cui restano le impronte delle sue ginocchia: su una lastra di marmo, ora conservata dietro una grata, su una parete a Santa Francesca Romana. Che, non per caso, si chiama anche Santa Maria Nova: erede di quella Antiqua, da cui proviene la Madonna Glycophilousa, preziosa icona del V secolo che è in sagrestia, nota come «della Dolcezza»; portata qui, dato che la primitiva basilica era ormai in decadimento. Santa Francesca Romana nasce a metà del IX secolo, su un precedente oratorio, e la vuole papa Paolo I: restaurata e ampliata nel X e XII secolo.
FAMA POSTUMA
Senza troppo fondamento, una lapide ad Ariccia, sopra la Fontana delle Tre cannelle nella Piazza di Corte, indica un frammento di quello che del Mago sarebbe il presunto sepolcro: verosimilmente apposta dai Savelli, ma chissà perché; vi è stata ricollocata nel 1993. Parecchi secoli dopo, nel film Il calice d'argento, il viso del mancato profeta è diventato quello di Jack Palance. E qui, si può fare punto.
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Il Messaggero