OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Pressing del premier Mario Draghi perché l’Unione europea aumenti le dosi di vaccini a disposizione dei Paesi membri. Seguendo varie strade: bisogna incrementare gli stabilimenti che producono i vaccini; è necessario ottenere il rispetto dei contratti firmati dalle case farmaceutiche; infine, e questa potrebbe essere uno sviluppo importante, si devono snellire le procedure burocratiche, non a caso a Bruxelles si è parlato di dotare l’Ema (l’agenzia del farmaco europea) dello strumento dell’«autorizzazione emergenziale».
Vaccino, Sassoli: «Una deroga sui brevetti e subito il pass agli immuni»
Andiamo per ordine, partendo da ciò che è successo ieri. Romano Prodi, al mattino, in un dibattito fa questa sintesi: «Nessuno dei grandi produttori europei è arrivato a fare il vaccino. Ed ogni azienda extra Ue ha favorito il suo governo. La Commissione Ue doveva picchiare i pugni sul tavolo: non c’è proprietà intellettuale che tenga, siamo di fronte ad un problema dell’umanità». Il Lazio, poco dopo, denuncia: questa settimana abbiamo ricevuto 48mila dosi del vaccino AstraZeneca, ma ne aspettavamo 78 mila, la prossima ne invieranno appena 11 mila. Da AstraZeneca precisano: venerdì siamo arrivati a 1,5 milioni di dosi mandate all’Italia, in linea con l’obiettivo di 5 milioni entro fine di marzo. Attacca però l’assessore laziale Alessio D’Amato: «Abbiamo organizzato dei centri vaccinali enormi, ma senza le dosi è tutto inutile».
LA SCOSSA
D’Amato va oltre: facciamo come l’Ungheria e l’Austria, che sono nell’Unione europea come noi, l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) si muova con coraggio, valuti il vaccino russo Sputnik 5 e lo autorizzi in forma emergenziale.
Ma questa è anche la linea del governo? Solo in parte. L’obiettivo finale è lo stesso: accelerare sulle vaccinazioni, ma senza uno strappo con l’Europa che sarebbe rappresentato da un’autorizzazione tutta italiana a Sputnik. La formula a cui fa riferimento il governo è sì quella dell’«autorizzazione emergenziale», ma su base europea. Ema, l’agenzia europea del farmaco, fino ad oggi è arrivata regolarmente dopo le agenzie americane e britanniche. È accaduto per Pfizer, per Moderna, per AstraZeneca. Sta succedendo di nuovo per Johnson & Johnson, che ha ottenuto il parere favorevole della Fda (agenzia americana): in Europa sarà sbloccato tra due settimane.
PROCEDURE
I controlli dell’Ema sono più rigorosi, ma lo strumento autorizzativo è meno agile. La presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen ha fatto sapere che si lavora a «un’autorizzazione d’emergenza a livello europeo». Questo strumento può già essere usato dai singoli Paesi ma non è tra le opzioni dell’Ema. Il governo italiano insiste perché si velocizzino le procedure per nuovi vaccini (soprattutto per Johnson&Johnson, Curevac e Novavax). In sintesi: il governo vuole correre, ma all’interno di decisioni dell’Unione europea. A proposito di Sputnik 5 il professor Gianni Rezza (Ministero della Salute) ha precisato che i dati pubblicati su Lancet descrivono un vaccino efficace e sicuro, ma sono necessarie garanzie sulla produzione che si ottengono solo con l’ispezione degli stabilimenti. Marco Cavaleri (Ema): «Se parte l’iter, il sì può esserci tra aprile e maggio». Secondo D’Amato però «si ragiona burocraticamente, Ema e Aifa sono lente, incredibile che a pochi chilometri da Rimini, a San Marino, Sputnik 5 sia già utilizzato». Il professor Armando Genazzani è membro del Comitato farmaci di Ema: «Per Spuntik 5 non è arrivata la sottomissione formale dalla casa produttrice, anche se contatti ci sono stati. Le autorizzazioni nazionali in emergenza sono di competenza del ministro, ma siamo in Europa: da questa pandemia dobbiamo uscirne tutti insieme». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero