Covid in Israele, il siero è debole: «Positivi 12mila vaccinati». Ritirati alcuni lotti in California

Sulla reale efficacia del vaccino di Pfizer il dibattito è cominciato in molte parti del mondo. Presto per le conclusioni, mentre non sembrano esserci problemi seri di...

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Sulla reale efficacia del vaccino di Pfizer il dibattito è cominciato in molte parti del mondo. Presto per le conclusioni, mentre non sembrano esserci problemi seri di anomale reazioni avverse. Partiamo dal laboratorio Israele: dal Paese in cui quasi il 30 per cento dei cittadini è stato vaccinato arrivano notizie che raffreddano l’entusiasmo. Più correttamente: in Israele quasi il 30% ha ricevuto la prima dose (è bene ricordare che la protezione si rafforza dopo la seconda). Il coordinatore nazionale della strategia anti-coronavirus, Nachman Ash, in un vertice, secondo quanto riporta “Time of Israel”, ha spiegato che «la protezione garantita dalla prima iniezione di Pfizer-BioNTech si sta dimostrando inferiore a quanto sperato e dichiarato dal gruppo farmaceutico».

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I numeri, nel dettaglio, sono stati riassunti dal sito di “Haaretz”: «Oltre 12.400 residenti israeliani sono risultati positivi a Covid-19 dopo essere stati vaccinati. Tra di loro 69 persone che avevano già ricevuto la seconda dose. Ciò equivale al 6,6% delle 189.000 persone vaccinate che hanno effettuato i test del coronavirus dopo essere statevaccinate». DATI Su centomila vaccinati, a una settimana dalla prima dose, 5.348 sono risultati positivi; su altri 67.000, in 5.585 erano positivi tra il settimo e il quattordicesimo giorno dopo la prima dose; nel periodo successivo (tra il quindicesimo e il ventunesimo giorno dopo la prima iniezione, dunque quando la protezione dovrebbe già esserci) su 20.000 vaccinati, in 1.410 sono risultati contagiati. Infine, a quattro settimane dalla vaccinazione su 3.199 persone in 84 sono positive, tra di loro 69 che avevano ricevuto la seconda dose. Questi dati vanno contestualizzati: in Israele il virus sta circolando moltissimo, nonostante il lockdown; inoltre, è possibile che, inconsciamente, coloro a cui era stata fatta la prima inoculazione, siano stati imprudenti. Il report per ora non spiega se le persone erano sì positive, ma senza sviluppare sintomi significativi. Altro dato importante, perché Israele ci aiuta acapire l’Italia tra qualche mese: sul personale di un ospedale, il Sheba Medical Center, sono stati effettuati i test sierologici una settimana dopo la seconda dose del vaccino Pfizer e in 100 su 102 avevanolivellidi anticorpi tra6 e 20 volte superiori a una settimana prima. Questa è una notizia incoraggiante. La vaccinazione nel mondo sta coinvolgendo decine di milioni di persone e, come normale, si stanno presentando altri elementi da approfondire.

In California è stata bloccata la somministrazione del vaccino Moderna, perché uno specifico lotto stava causando un numero anomalo di reazioni allergiche. Tornando a Pfizer, negli ultimi giornisi èanimato ildibattitosui dati della sperimentazione. Dubbi, sull’efficacia e sulla trasparenza, sono stati sollevati da Peter Doshi, sul sito di British Medical Journal. Doshi parla anche di Moderna, avanzando perplessità sulla percentuale di successo dichiarata dopo la sperimentazione dai due colossi, anche perchétra ivolontarinon sarebbero stati conteggiati i casi sospetti di Covid (ma negativi al tampone) che farebbero ridurre drasticamente la percentuale di efficacia. Marco Cavaleri, responsabile vaccini di Ema (agenzia regolatoria dell’Unione europea che ha autorizzato Pfizer) intervistato dal sito di Quotidiano Sanità, replica: «Tra tutti i partecipanti allo studio, 3.410 hanno avuto sintomi di malattie respiratorie: 1.594 nel gruppo vaccino e 1.816 nel gruppo placebo. La maggior parte di questi è risultato negativo al test di laboratorio per il Sars-CoV-2 (circa il 78% in ciascun gruppo) e non sarebbe ragionevole presumere che fossero falsi negativi, considerando le eccellenti prestazioni e le alte percentuali di accuratezza e sensibilità del test molecolare (PCR)».

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