Non si vedono tutti giorni tre ministeri ricorrere al Tar. E invece è quanto è accaduto: l'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza dei ministeri di Salute,...
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All'indomani della decisione del Tar i ministeri avevano annunciato la campagna con un comunicato stampa, ma ora sembrano aver cambiato idea.
Lo studio torinese aveva deciso di rivolgersi al Tar dopo che il Tribunale civile aveva riconosciuto a un dipendente Telecom, che ha contratto un tumore all'orecchio proprio a causa dell'uso prolungato del cellulare. «Davanti al consiglio di Stato - dichiarano gli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone e Luigi Angeletti - faremo in modo che la sentenza del Tar del Lazio regga, anche perché a supporto c'è molta letteratura scientifica. Per intanto faremo un accesso agli atti per verificare a che punto è la preparazione della campagna informativa». Nel depositare l'appello, i quattro ministeri non hanno chiesto al Consiglio di Stato di sospendere la sentenza del Tar. «Questo significa - continuano gli avvocati - che se entro il 14 luglio non ci sarà un pronunciamento, la campagna dovrà comunque partire il giorno successivo.
«L'Avvocatura dello Stato ha agito come da prassi quando sta per scadere la possibilità di presentare un ricorso per tutelare interesse dello Stato. Nel caso specifico non è però nostra intenzione - si è appreso dal ministero dell'Ambiente - dare seguito all'iniziativa intrapresa in quanto riteniamo opportuno fare una campagna informativa il cui iter abbiamo peraltro già avviato». La precisazione arriva in seguito all'appello, da parte dei ministeri dell'Ambiente, della Salute, dello Sviluppo Economico e dell'Istruzione al Consiglio di Stato per annullare la sentenza del 15 gennaio 2019 del Tar del Lazio che imponeva allo Stato di adottare, entro sei mesi, una campagna informativa sui rischi per l'ambiente e la salute dei cittadini provocati dall'uso scorretto del cellulare. L'impugnazione della sentenza è avvenuta a poche ore dalla scadenza dei termini di legge fissati per il 15 aprile. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero