Romani come noi/ «Io, artigiano delle mani, vi racconto le star»

Dante Mortet (foto Fabio Lovino)
Dante Mortet ama definirsi artigiano libero. Non a caso è considerato l’artigiano delle mani. Ha creato (con calchi diretti, si badi bene) le mani di celebrità...

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Dante Mortet ama definirsi artigiano libero. Non a caso è considerato l’artigiano delle mani. Ha creato (con calchi diretti, si badi bene) le mani di celebrità assolute, da Robert De Niro a Quentin Tarantino.È cesellatore, ultimo talento diuna famiglia che fa artigianato artistico puro da cinque generazioni. «La mia storia è solo la punta di un iceberg», ripete con entusiasmo. Le sue origini affondano nel rione Garbatella, ma la bottega storica è dentro il Palazzo della Scimmia, edificio dimille anni, a due passi da piazza Navona.


Quando ha cominciato a lavorare?
«A 13 anni. Per gioco. Alternavo scuola al calcio, alla bottega di papà. Ti fregano così in famiglia: ti fanno divertire, ti ritrovi dentro e non esci più».

Come sono nate le sue mani?
«Mi ha ispirato mio padre: doveva realizzare il San Paolo sulla Croce per la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, e per le mani scelse di fare un calco delle sue. Da lì l’idea di raccontare la storia delle persone attraverso le loro mani. Mani che mettono in evidenza la capacitàdell’uomo».

La prima star cui ha fatto il calco?
«Ennio Morricone. L’avevo incontrato e gli ho proposto il progetto. Ne è rimasto entusiasta e mi ha aperto la sua casa. Mi ha detto: ti voglio portare fortuna».

L’esperienza più inaspettata?
«Quentin Tarantino mi aveva convocato. Stava sul set di Hateful Eight a Telluride in Colorado, in mezzo alle neve, un posto incredibile. Gli proposi: perché non facciamo la scultura dellemani di tutti gli attori in un gesto del loro personaggio? Un omaggio alla manualità del cinema».

Egli è piaciuta l’idea?
«Certo. Da Samuel L. Jackson a Kurt Russell, ho preso il loro calco: uno spara, che è in catene, chi giudica. Ho passato tanto tempo sul set. Ho pure conosciuto Weinstein».

Il produttore denunciato per molestie?
«Sì. M’è sembrato subito una persona sgradevole, sgraziato anche nel vestire».

La mano più difficile?
«Kirk Douglas: lui ha 100 anni e la mano èmolto rugosa.Ma lui è stato uno spasso. Mi ha accolto con grande calore, abbiamo cantato insieme Come è bello far l’amore quandoè sera».

La più emozionante?
«Robert De Niro. A casa sua a New York, sembravo un bambino. Lui semplicissimo m’ha fatto pure il caffè. Dopo sei mesi sono tornato, gli ho portato la scultura, e lui m’ha detto: vedi i tanti personaggi che ho interpretato?Nessuno è De Niro. Io sono la mia mano».

Se l’ha fatta a De Niro, Scorsese non si sarà offeso?
«L’ho fatta anche a lui, infatti. Mi ha detto: hai fatto bene a fare prima la mano di Robert, lui è geloso di me».

Ma le mani dove nascono?
«Nella mia bottega. I calchi li faccio in giro nel mondo: ma l’opera diventa scultura a Roma». Dalle mani delle star ai piedi dei calciatori. «L’idea era di fare ilcalcodelpiede del campione come fosse un antico gladiatore romano. La scultura diventa così l’opportunità per il calciatorediavere a casa un’opera personale che lo rappresenta. Il progetto è piaciuto, poi il tam tam ha fatto il resto».

Come ha cominciato?
«Con Ibrahimovic e Diego Silva. Un po’ per gioco, poi mi hanno contattato Ronaldo, Zanetti, Drogba e altri».

Oggi le sue mani dove la portano?

«Sotto il Ponte di Brooklyn. Attraverso la Comunità italiana in America con le sue storie di migrazioni, che nascono dalla sofferenza, ma anche di artigianato. Per celebrare la manualità italiana creerò una grande mano di tre metri e mezzi sotto il ponte che indica verso l’Italia,che avrà lasua gemella a Genova,nelporto» Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero