Romani come noi/ L’apneista sirena: «La mia vita in fondo al mare»

Foto di Fabio Lovino
A forza di andare laggiù in cerca di record e animali marini si diventa sirena, ammaliata dai cetacei, attraente per noi uomini. «Sono attratta dai metri, ma non sono...

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A forza di andare laggiù in cerca di record e animali marini si diventa sirena, ammaliata dai cetacei, attraente per noi uomini. «Sono attratta dai metri, ma non sono il fine ultimo, se ti senti connesso all’elemento liquido, quelli arrivano poi».


E cosa la fa impazzire?
«Andare in acqua con pinne o monopinna, gli animali marini che ti vengono intorno. Se ti muovi senza fare bolle si creano incontri meravigliosi: specie con i delfini».

C’è passione lucida in Ilaria Molinari, 39 anni. Non basta l’istinto in ciò che fa lei: la sirena, il corpo metà pesce, i movimenti sinuosi, il sorriso di chi ha un rifugio segreto. «Adoro sentire quel silenzio liquido sul corpo». Quattro record italiani di apnea profonda, 3 campionati vinti, vice campionessa mondiale due volte.

Un figlio, un marito, un lavoro normale (interprete e traduttore di russo e inglese). E il richiamo del mare. Come nasce?
«Al Circeo, l’amore me lo ha trasmesso mia madre, biologa marina, il mio primo sostenitore è papà. Ho scoperto il mondo subacqueo con le bombole. L’apnea per caso nel 2001 in Sardegna, nel diving di Umberto Pelizzari (pluriprimastista mondiale di apnea profonda). Al secondo tuffo ho raggiunto i 25 metri. È la mia passione».

Che cosa è l’apnea profonda?
«Senza respiratori si scende lungo un cavo guida che tocchi solo quando risali, si deve stabilire la massima profondità nelle varie discipline. Tutta questione di forza fisica».

Come scende in fondo al mare?
«Per lo più con la monopinna larga simile ai cetacei. Tutti gli apneisti hanno come animale di riferimento il delfino».

Incontri ravvicinati unici.
«Allo squalo balena alle Maldive sono andata dietro con rispetto, mi ha concesso un pezzo di strada insieme. Dai delfini a Golfo Aranci sono scesa con un permesso: con la coda, a viso libero per sembrare sirena. Sentivo i suoni, vedevo poco, alla fine sono arrivati, ero sola e vulnerabile».

Quando fa Ilariel, la sirena?
«Sono testimonial della Y-40, la piscina più profonda del mondo, a Montegrotto terme. E mi presto a esibizioni, era un gioco ora un lavoro, dò spazio alla mia danza subacquea, l’impegno apneistico è minimo, non hai regole. Quando esco vedo la commozione, la sirena è il sogno di tutti e se solo si lasciassero andare, basta lasciar spazio al bambino interiore per trovare un ponte, che poi è quello che ho fatto io».

Torniamo al mare.
«L’incontro più emozionante, con la balenottera azzurra in Calabria, nera, bellissima. Una mia personale emozione in Sicilia, lì ho vinto la maggior parte dei campionati, allenata da Nuccio Di Dato, lì mi sono allenata sul cavo di Maiorca».

Un impegno anche ambientale
Il mare è indifeso come un bimbo e lo stiamo violentando con inquinanti e plastica. Quando entriamo siamo ospiti, bisogna farlo in punta di piedi».

Non ha paura mai? 
«Bisogna stare attenti, la mente ha un ruolo fondamentale. Ho raggiunto la massima profondità con un tuffo a 81 metri per 2 minuti e 50 con un unico atto respiratorio, rapita dai pesci. Ora voglio divertirmi come sirena e andare con la monopinna a incontrare gli animali. I bambini mi dicono: “Ma nelle grotte hai l’armadio con le code?” e “corri torna dentro che non riesci a respirare”. Per loro sono un personaggio magico».

Che insegna come istruttore di apnea?

«Tutto ciò che ho imparato dal mare l’ho riportato nella vita a cominciare dall’umiltà: bisogna prepararsi prima di fare qualsiasi cosa, improvvisare è rischioso, ti può costare caro. E la paura è un sentimento che devi provare: aiuta a centrare l’obiettivo. Mi piace guardare la superficie del mare dall’interno del suo grembo, avvicinarlo con dolcezza, farmi invadere dal blu, chiedere ogni volta il permesso di entrare e sentire il suo abbraccio ad anima e corpo. Grazie mare per ogni metro concesso». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero