Caso Stadio, Virginia Raggi e quell’incontro per superare lo stop

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«Ci riunirono tutti a casa di Dario D’Innocenti, il presidente del Municipio IX, c’era pure la sindaca Virginia Raggi, sabato 10 giugno 2017, di sera. Si sarebbe votato il giorno dopo, di domenica, cosa mai avvenuta prima. Raggi era lì a convincerci ad approvare il parere sul pubblico interesse per Tor di Valle, anche se tanti, tra noi consiglieri municipali, eravamo contrari. Le inchieste, così come la relazione del Politecnico di Torino, oggi dicono che avevamo ragione. Ma all’epoca ci dissero che bisognava votarlo, che c’era una scadenza, e così alla fine lo approvammo, per “fiducia”».



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A parlare è Paolo Barros, consigliere M5S del IX Municipio di Roma, il distretto dell’Eur e di Tor di Valle. Uno dei due testi che il gip Costantino De Robbio ha chiesto di far interrogare alla Procura di Roma, respingendo la richiesta di archiviazione per Virginia Raggi, indagata per abuso d’ufficio col sospetto di avere compiuto un’«evidente violazione di legge» - così ha scritto il giudice - nelle procedure di approvazione del controverso progetto stadio. L’altro consigliere da sentire in Procura è Paolo Mancuso, ex M5S, presidente della Commissione Urbanistica del IX Municipio.

Commissione che, ricostruisce lui, «all’epoca venne aggirata, in barba al Regolamento sul decentramento amministrativo di Roma». Che effettivamente, all’articolo 6, comma 9, recita testualmente: «I pareri sono espressi dal Consiglio municipale, acquisito il parere della competente Commissione municipale». Invece, racconta Mancuso, «né la Commissione Urbanistica, né quella della Mobilità, vennero ascoltate. Il Municipio votò il parere su Tor di Valle, obbligatorio anche se non vincolante, in Consiglio, di domenica. Dopo quella riunione a casa del minisindaco, con la Raggi».

Raccontano i testimoni, che il Campidoglio stellato andava di fretta. «Volevano votare tutto entro metà giugno. Per questo non hanno neanche rispettato i termini della procedura d’urgenza, che abbassa da 30 a 20 giorni l’iter nei Municipi, ma non di più», dice sempre Mancuso. Perché la Commissione Urbanistica non venne ascoltata? Secondo Barros, «forse perché si sapeva che alcuni membri erano contrari». E infatti poche settimane fa quella stessa Commissione ha chiesto l’annullamento del pubblico interesse per Tor di Valle. Per Mancuso, è possibile che «abbiano voluto forzare la mano per rispettare la scadenza». Parnasi entro il 15 giugno 2017, data ultima, doveva presentare valutazioni che gli permettessero di superare la chiusura della Conferenza dei servizi. A un soffio dalla dead-line, il costruttore riuscì a strappare la delibera comunale che approvava di nuovo il progetto, con la revisione voluta dai grillini.

Il Municipio XI, del Portuense, non venne mai sentito. Il Municipio IX invece si espresse, ma senza passare dalla Commissione Urbanistica, competente per materia, ma solo dalla Commissione Sport. Particolare non da poco: durante il voto nel parlamentino dell’Eur, racconta chi c’era, si fece vedere Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina arrestato per corruzione.

L’altro aspetto attorno a cui ruota l’accusa di abuso d’ufficio per Raggi, è la variante urbanistica per Tor di Valle. Dopo il via libera della Conferenza dei servizi, a dicembre 2017, il verbale dell’organismo avrebbe dovuto essere «trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del Consiglio comunale nella prima seduta utile». Così dice la legge, il dl 50/2017 citato nella denuncia del “Tavolo della libera urbanistica”, presieduto da Francesco Sanvitto, ex grillino poi cacciato dal Movimento, assistito dall’avvocato Edoardo Mobrici. Quel verbale non è mai passato in Consiglio Comunale. Secondo Sanvitto, Raggi avrebbe «saltato un passaggio in Consiglio, decidendo di far votare il verbale della Conferenza solo dopo le osservazioni di cittadini e associazioni».


Per gli avvocati di Raggi questa scelta avrebbe aumentato la «trasparenza» sull’operazione e dopo la «sospensione» della procedura, decisa per gli arresti e per avviare verifiche, si arriverà a un voto adesso, dopo l’estate. Per l’autore dell’esposto, che ha convinto il gip a chiedere nuove indagini, invece «senza passare dal Consiglio, gli allegati pubblicati sul sito del Comune non sono mai stati verificati, non si sa se le prescrizioni della Conferenza siano state rispettate dai privati. Raggi ha preso tempo, forse perché all’epoca non teneva i suoi», è l’accusa dell’urbanista, un tempo vicino al M5S, su cui ora si dovrà indagare. 
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Il Messaggero