Desirée Mariottini, due ergastoli e due condanne a 27 e 24 anni e mezzo per l'omicidio della 16enne a Roma. La madre: «Non ho avuto giustizia»

Desirée Mariottini, due ergastoli e due condanne a 27 e 24 anni e mezzo per l'omicidio della 16enne a Roma. La madre: «Non ho avuto giustizia»
Un delitto che aveva sconvolto non solo la Capitale, ma tutta l'Italia. A 16 anni, Desirée Mariottini, di Cisterna di Latina, era stata abusata da un branco di pusher e...

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Un delitto che aveva sconvolto non solo la Capitale, ma tutta l'Italia. A 16 anni, Desirée Mariottini, di Cisterna di Latina, era stata abusata da un branco di pusher e poi lasciata morire di overdose, senza che nessuno chiamasse per tempo i soccorsi. Si era spenta in uno stabile abbandonato e degradato nel quartiere romano di San Lorenzo, in via dei Lucani. Ieri, per i quattro stranieri finiti sotto processo per omicidio volontario e violenza sessuale di gruppo, è arrivato il giorno della sentenza. Alle 23, dopo 9 ore, i giudici della III Corte d'Assise di Roma sono usciti dalla camera di consiglio, nell'aula bunker del carcere di Rebibbia e hanno pronunciato il verdetto: due condanne all'ergastolo per Yousif Salia e Mamadou Gara, una pena di 27 anni per Chima Alinno, e una di 24 anni e sei mesi di reclusione per Brian Minthe, che torna libero perché, all'epoca dell'arresto, il Riesame aveva annullato la sua misura in relazione all'omicidio, mantenendola per la violenza sessuale, accusa dalla quale ieri lo straniero è stato assolto. La Procura, comunque, potrà chiedere un nuovo arresto, alla luce delle prove emerse durante il dibattimento. Assolto dalla contestazione di stupro anche Alinno, assistito dall'avvocato Giuseppina Tenga.

LA RICHIESTA
Il pm Stefano Pizza aveva chiesto la più pesante delle pene per tutti quanti, per punire un delitto atroce: una ragazzina stordita con un cocktail di stupefacenti, stuprata e poi abbandonata mentre lottava tra la vita e la morte. Ad attendere la sentenza, decine di persone che reggevano striscioni: «Giustizia per Desirée». In aula, in prima fila, la madre di Desirée, Barbara, che indossava una maglietta bianca con la foto della figlia. «Non ho avuto giustizia», ha detto. Ad accompagnarla, familiari e amici. «Maledetti, possiate bruciare all'inferno», ha urlato una donna dopo la lettura del dispositivo.

I FATTI
Era la notte tra il 18 e il 19 ottobre 2018. La sedicenne era stata stordita con un mix di droghe e farmaci, stuprata e, alla fine, rivestita e lasciata morire. «Meglio lei morta che noi in galera», aveva detto uno dei pusher, Salia, impedendo agli amici di Desirée di chiamare un'ambulanza. Forse, i paramedici sarebbero riusciti a salvarla. E invece la ragazzina aveva trascorso gli ultimi istanti buttata su un materasso spoglio e sporco, nella stanza del crak dello stabile abbandonato. Ecco la ricostruzione dell'accusa: «È stata violentata, rivestita e spostata da una stanza all'altra. Era notte quando una telefonata ha allertato i soccorsi». Ma era troppo tardi: Desirée era già morta da tempo.

Salia in una delle ultime udienze aveva rotto il silenzio, tentando di fornire una versione differente: «Ho dato acqua e zucchero a Desirée e si era ripresa. Mi sono tranquillizzato, allora. Io, poi, non ne ho abusato, anzi l'avevo respinta». I giudici, però, non gli hanno creduto. Non lo aveva fatto nemmeno l'accusa. «Desirée è stata lasciata morire nel palazzo di via Lucani impedendo agli altri presenti di soccorrerla», avevano ribadito i magistrati durante la requisitoria. Secondo i pm, insieme a Gara, Minteh e Alinno, Salia avrebbe somministrato alla giovane metadone, cocaina, eroina, quetiapina, diazepam, oxazepam e nordiazepam. Poi, ne avrebbe abusato, «trattenendola per le braccia e per le gambe» e violentandola anche quando era in stato di incoscienza. Ma la sentenza disegna un quadro diverso: l'accusa di stupro ha retto solo per i condannati all'ergastolo.

LE ACCUSE
Agli imputati erano contestate diverse aggravanti, come quelle di avere ceduto droga a una minorenne, di avere agito «per motivi abbietti e futili», oltre all'avere «profittato di circostanze di luogo e di persona tali da ostacolare la difesa», dell'avere agito con crudeltà, in danno di una minore e di avere provocato la sua morte per «conseguire l'impunità nel delitto di violenza di gruppo». Per Gara è caduta l'accusa di avere indotto alla prostituzione Desirée, usando la droga per avere in cambio prestazioni sessuali.


Il giorno dell'omicidio la ragazza era in crisi d'astinenza. I pusher, secondo la ricostruzione dell'accusa, l'avrebbero ingannata e le avrebbero somministrato la miscela «rivelatasi mortale», ha sottolineato il pm in aula. Un mix di sostanze psicotrope che hanno determinato in Desirée la perdita «della capacità di reazione», consentendo a due imputati di abusare di lei. Sotto le unghie e sugli abiti della sedicenne è stato trovato il Dna del branco.
 

 

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Il Messaggero