Si è scagliato su di lei per ultimo quando Angela (il nome è di fantasia) aveva quasi perso i sensi. Senza alcuna pietà: nulla l’avrebbe fermato, o...
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Ieri il giudice per le indagini preliminari, Vilma Passamonti, non ha avuto dubbi: Gabriel Pap Razvan, 25 anni, romeno, fermato dagli uomini della Mobile giovedì a Fidene, resta nel carcere di Regina Coeli. Ad appesantirgli le spalle adesso c’è anche un’ordinanza di custodia cautelare. Il gip non gli ha creduto mentre continuava, in fase di interrogatorio, a respingere l’accusa di violenza sessuale di gruppo: «Non sono stato io, non conosco quelle persone, non l’ho stuprata». Ma l’esito dell’esame del Dna pesa come un macigno e rappresenta una prova tangibile. Il romeno era già schedato per alcuni reati contro il patrimonio e le tracce di saliva trovate sugli indumenti intimi della ragazza combaciano con il suo codice genetico. Ora gli agenti di polizia della IV sezione della Squadra Mobile, diretti da Pamela Franconieri e coordinati dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Francesca Passaniti, stringono il cerchio attorno altri due uomini che hanno compiuto la violenza. Uno stupro aberrante, feroce e spregiudicato, perché compiuto a pochi metri dalla pista dove centinaia di giovani stavano ballando.
LA DINAMICA
Lo scorso 18 maggio, Angela arriva al “Factory” con alcuni amici, mentre si diverte in pista, viene avvicinata dal suo primo aguzzino, che potrebbe essere un cliente abituale del locale e che, secondo gli inquirenti, potrebbe conoscere Gabriel e il secondo aggressore già da tempo. La ragazza si dirige con quell’uomo verso il locale delle caldaie. Il romeno e l’altro individuo potrebbero aver assistito alla scena e aver deciso poi di seguire la coppia. Arrivati anche loro di fronte a quel magazzino, che conoscevano bene per aver lavorato nel locale, vedono quello che sta succedendo: il primo uomo intento a violentare la ragazza. A quel punto, invece di aiutare Angela, nonostante le sue grida disperate, decidono di unirsi allo stupro. Passano i minuti, la giovane urla ma nessuno riesce a sentirla per via della musica che invade tutta la discoteca. E loro lì, pronti a infierire a turno su di lei. Dopo lo stupro la abbandonano, frastornata e dolorante. La ragazza riesce a riprendersi, a ricomporsi e a uscire in cerca dei suoi amici per chiedere aiuto. Nonostante lo choc riuscirà a descrivere agli inquirenti alcuni particolari importanti sull’abbigliamento dei suoi aggressori: uno dei tre indossava un giubbetto scuro, simile a quello degli addetti alla sicurezza. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero