Ripresa a più velocità, il Centro ora rischia di rimanere indietro

Un rimbalzo relativamente forte ma diseguale: dopo la grande caduta nell’anno dell’esplosione del Covid, l’Italia sembra avviata ad una ripresa differenziata tra...

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Un rimbalzo relativamente forte ma diseguale: dopo la grande caduta nell’anno dell’esplosione del Covid, l’Italia sembra avviata ad una ripresa differenziata tra le varie Regioni: quelle meridionali sono in ritardo ma anche il Centro rischia di veder allargare il proprio divario nei confronti delle aree del Nord, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. L’analisi presentata ieri dalla Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) riporta in qualche modo le lancette dell’orologio al periodo pre-pandemico, che però era quello immediatamente successivo alla grande crisi iniziata nel 2008. E dunque si ritrovano, pur nell’eccezionalità di questa fase di recupero, tutti i problemi di un’economia frammentata e caratterizzata da differenze, che si traducono anche in disagio sociale.

I differenziali

Il caso del Centro in questo senso è emblematico, perché i dati segnalano oltre all’aumento della distanza rispetto al Nord anche l’acuirsi dei differenziali interni tra territorio e territorio. Differenziali che esistono da tempo ma che negli ultimi anni si sono approfonditi in particolare nelle aree appenniniche, anche per la sequenza di terremoti e altre catastrofi naturali. Il crollo del 2020 è risultato - per la ripartizione centrale nel suo complesso - analogo a quello medio nazionale, e anche le tendenze positive stimate da Svimez per quest’anno e il prossimo (rispettivamente +4,7% e +3,9%) confermano un sostanziale allineamento. Ma gli stessi numeri rivelano anche che il distacco da Nord-Ovest e Nord-Est è destinato ad ampliarsi. E questo andamento trova conferma anche nei numeri dell’occupazione, che ugualmente evidenzia percorsi di recupero divaricati.

Includendo nell’analisi anche la Regione Abruzzo, che in base alla classificazione Istat apparterrebbe alla ripartizione meridionale (soprattutto per motivi storici) ma in realtà condivide caratteristiche e criticità di altre Regioni del Centro, è possibile osservare l’andamento dei macrosettori economici per rilevare quelli che hanno maggiormente contribuito alla recessione dello scorso anno. Nel Lazio colpisce il calo delle costruzioni (-14,5 per cento) più pronunciato di quello pur rilevante dell’industria in senso stretto (-9,2%) e dei servizi (-7,1%). Quest’ultima voce va considerata con attenzione, perché include al suo interno sia comparti particolarmente colpiti dalla crisi (come quello dei servizi alla persona) sia altri che al contrario hanno avuto e hanno la possibilità di riorganizzarsi, cogliendo le opportunità che nascono in un periodo così particolare. Il crollo del valore aggiunto dell’industria in senso stretto (escluse quindi le costruzioni) è forte anche nelle Marche (-14,1%), in Toscana (-13,9%) e in Umbria (-10,5%), così come quello dell’agricoltura (rispettivamente -12,5% la Toscana, -10,6% l’Umbria, e -9,9% le Marche). In Abruzzo appare ugualmente colpita l’industria in senso stretto (-11%) al pari dell’agricoltura (-9,8%) e le costruzioni (-7,9%). Un altro indicatore molto significativo è quello del tasso di inclusione, calcolato come quota di percettori di reddito di cittadinanza ogni mille abitanti. Tra il 2019 e il 2020 questo valore è cresciuto in Italia dal 45,2 al 62,4. Se l’andamento medio è chiaramente condizionato dal Sud e dalle isole, l’incremento al Centro è stato solo poco più contenuto (14 punti invece di 17) e ben maggiore di quello del Nord: un ulteriore elemento - osserva Svimez - che evidenzia il rischio di allontanamento dalle aree economicamente più avanzate del Paese. Salta all’occhio il balzo del Lazio, che con aumento di 21 punti sale al livello di 58 percettori di reddito per mille abitanti.

La tendenza

Una tendenza che non è destinata a cambiare: in tutte le Regioni centrali con l’eccezione della Toscana l’incremento del prodotto interno lordo stimato per quest’anno resta inferiore a quello medio di Nord e Centro messi insieme, il che significa ancora una volta che le distanze si ampliano. Stessa storia nel 2022, con tutti i territori del Centro che procederanno ad una velocità più bassa rispetto a quelli settentrionali, pur se sostanzialmente allineata a quella media del Paese. Le cifre insomma confermano che esiste una questione Centro oltre alla ben nota questione meridionale: in questo senso acquistano ancora più importanza le scelte concrete che farà il governo nella fase di attuazione del Programma nazionale di ripresa e resilienza.
 

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Il Messaggero