Avvertenza per i lettori vegetariani, vegani, fruttariani, crudisti e via elencando. Fermo restando l'attenzione e il rispetto per voi, questo articolo non è per voi....
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Quinto quarto è sinonimo della più autentica cucina popolare romana, che sta tornando a conquistare gastronomi e appassionati, forse stanchi dei “cuochi d'artificio”. “Le mode vanno e vengono”, leggiamo nell'incipit del libro. Anche in cucina, dove il consumo di carne, dopo anni in calo, sembra tornare a crescere, seppure in modo consapevole e sostenibile. In questo caso ancor più del km zero, perché qui si parla addirittura di spreco zero, non buttando via assolutamente nulla degli animali macellati. “Siamo tutti a parole contro la società dell'uso e getta – racconta Annibale Mastroddi, storico macellaio di via Ripetta – ma poi non ci scandalizziamo quando scopriamo che la metà del peso di ogni animale macellato viene buttato nei bidoni e bruciato”.
Ecco allora che ristoratori e chef socialmente più attenti, sono tornati a riproporre la coda alla vaccinara, il fegato alla veneziana, la coratella con i carciofi e gli altri tagli meno nobili. Ma cos'è esattamente il quinto quarto? Gli animali nella macellazione vengono suddivisi in quattro quarti pregiati: due anteriori (da cui si ricavano tagli come il collo o il girello) e due posteriori (da cui si ricavano ad esempio il filetto o lo scamone). Il quinto quarto è ciò che resta, ossia le interiora e le altre parti non pregiate ma ugualmente commestibili come testa, coda e zampetti.
Il libro dei due gastronomi è un viaggio nella Roma e nel Lazio popolari, accompagnati – tra gli altri - da Anna Dente, verace cuoca a San Cesareo - figlia e mamma d'arte - che propone alcune ricette.
“Si può capire la cucina romana del quinto quarto – scrivono gli autori - solo se si parte dal presupposto che era una cucina dei poveri, di gente che non era in grado di acquistare nulla, ma che riceveva in dono il patrimonio inesauribile e gratuito della natura”.
E siccome la natura si santifica anche a tavola, ecco nel libro 80 ricette di una cucina eclettica e originale, con forti legami con il passato e con tutte le culture che a Roma hanno lasciato un segno. Per esempio quella ebraica, capace di esaltare fegato, trippa, milza, animelle e frattaglie varie. Tutti piatti ricchissimi di sapori. E di storia! Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero