Papa Francesco in Armenia prega al Memoriale del genocidio, l'umanità non dimentichi

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Yerevan (Armenia) Il braciere arde perennemente circondato da dodici giganteschi monoliti di cemento reclinati sul fuoco. Tanti fiori attorno offrono una pennellata di colore, davanti a tanta oscurità che simboleggia il Male. Il Metz Yegher come lo chiamano gli armeni, che significa molto, molto più di un genocidio. Papa Francesco si avvicina per deporre una corona di rose bianche; si fa silenzio, ha accanto il patriarca Karekin II.


Sull'albo degli ospiti, con la sua grafia minuscola, prima di lasciare il Memoriale dei massacri del 1915, costati la vita a un milione e mezzo di cristiani che vivevano sotto l'impero ottomano, sigilla con una frase questo momento:«prego, col dolore nel cuore perché mai più' vi siano tragedie come questa, perché l'umanita' non dimentichi e sappia vincere con il bene il male; Dio conceda all'amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro».

A Tzitzernakaberd, la "collina delle rondini" che ospita il Memoriale, viene recitato da tutti i presenti il Padre Nostro, e poi di seguito proclamate due letture: la prima tratta dalla Lettera agli Ebrei (Avete dovuto sopportare una lotta grande) e la seconda dal Vangelo di Giovanni (Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò). Un gruppo di bambini portavano cartelli con immagini (le poche a disposizione) dei martiri del 1915.

«Cristo, che incoroni i tuoi santi e adempi la volonta' dei tuoi fedeli e guardi con amore e dolcezza alle tue creature, ascoltaci dai cieli della tua santita'». Il Papa, il Catholicos e il Presidente armeno Sarghsyan si sono poi sposati sulla terrazza del Museo del Memoriale. Nel giardino, il Papa ha innaffiato un albero a ricordo della visita, esattamente come fece Wojtyla. L'albero che fu piantato nel 2011 ora è un abete vigoroso e alto. Sulla terrazza aspettavano una decina di discendenti dei perseguitati armeni, che a suo tempo furono salvati e ospitati a Castel Gandolfo da Papa Pio XI. Dal Mausoleo il Papa quindi si e' recato all'aeroporto di Yerevan per trasferirsi a Gyumri, la seconda città del paese, dove si concentra la minoranza cattolica.


La parola “genocidio” che Francesco ha utilizzato ieri, a sorpresa, nel palazzo presidenziale, parlando a braccio, è stata commentata dalla stampa internazionale. I giornali turchi, in particolare, hanno messo in rilievo che il Papa la ha «utilizzata nuovamente» dopo la crisi diplomatica dell'anno scorso. Per la Turchia di Erdogan resta un tabù. Il portavoce vaticano ha spiegato che se Francesco ha usato quel termine è stato per ricordare le ferite di un popolo e sanarle, di certo non per riaprirle e rinnovarle. «Si tratta di una memoria comune per costruire riconciliazione e pace nel futuro».




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Il Messaggero