Caso Pfizer, una beffa i contratti firmati dalla Ue: ora rischio seconde dosi

La corsa ai vaccini, con i Paesi di tutto il mondo che stanno sgomitando per accaparrarsi il numero più alto possibile di dosi, ha consegnato il famigerato coltello dalla...

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La corsa ai vaccini, con i Paesi di tutto il mondo che stanno sgomitando per accaparrarsi il numero più alto possibile di dosi, ha consegnato il famigerato coltello dalla parte del manico alle compagnie farmaceutiche. Quando la Commissione europea ha siglato i contratti per i 27 Paesi membri ha dovuto accettare alcune condizioni imposte dai sei gruppi con i quali ha raggiunto l’intesa.


Il contratto


Una su tutte: in autunno non c’era la garanzia del risultato, ad esempio Sanofi ha rinviato a fine 2021 la conclusione della sperimentazione; AstraZeneca ha avuto dei problemi. Dunque, nessuna compagnia farmaceutica si è impegnata sull’esito finale. Questo vale anche per Pfizer che ha un vincolo nelle forniture trimestrali (per l’Italia, ricordiamolo, deve consegnare 8.749.000 dosi entro il 31 marzo, altre 8.076.00 entro il 30 giugno), ma di fatto ha totale libertà di scelta nella cadenza degli invii.

C’è di più: Pfizer sta decidendo, a sua discrezione, a quali centri di vaccinazione inviare più dosi, a quali meno. Questo sta facendo infuriare i governatori perché vi sono Regioni come l’Abruzzo e l’Umbria che non hanno una diminuzione delle forniture, altre come il Lazio che registrano un taglio del 25 per cento, altre ancora come Veneto e Friuli-Venezia Giulia che hanno visto dimezzare gli arrivi di fiale.

In questo modo, diviene complicato garantire una regolare somministrazione della seconda dose a chi è stato vaccinato. Il richiamo deve avvenire dopo tre settimane; ieri allo Spallanzani, a Roma, alcuni degli operatori hanno ricevuto la seconda iniezione. Il Lazio conta di attingere alla scorta del 30 per cento che aveva tenuto nei congelatori, ma altre Regioni potrebbero avere molte più difficoltà.

L’ufficio del Commissario straordinario per l’emergenza ieri ha confermato i numeri: «In modo del tutto arbitrario Pfizer ha deciso come ridistribuire la nuova fornitura» e «a fronte delle 562.770 dosi previste, ne verranno consegnate 398.800». «Questa decisione - si legge ancora nella nota della struttura commissariale - non condivisa né comunicata ai nostri uffici produrrà un’asimmetria tra le singole regioni».


Le dosi Pfizer in meno


Su scala nazionale il taglio è del 29 per cento, in termini assoluti Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto con circa 25mila dosi sono le regioni più colpite, poi il Lazio con 12 mila e la Puglia con 11.700. Infuriato il governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, la cui regione ha subito una riduzione del 54 per cento: «È inaccettabile: penso serva un riequilibrio, dove il taglio venga spartito in modo equanime nel Paese. Ho sentito Pfizer, mi dicono che dalla settimana successiva si dovrebbe tornare alla fornitura normale, ma se non abbiamo certezze il rischio è che dovremo decidere di rallentare la campagna vaccinale».

Il commissario Domenico Arcuri, ospite di Domenica In, ha spiegato che si punta a iniziare a vaccinare dalla prossima settimana gli ultraottantenni, ma il mancato rispetto degli accordi di Pfizer potrebbe causare un rinvio. Arcuri: «Il 29 gennaio l’Ema si riunisce per valutare la possibile approvazione del vaccino AstraZeneca, se ciò avviene avremo altri 40 milioni di vaccini e altri 16 milioni nel primo trimestre di quest’anno. Potremo accelerare la campagna vaccinale, anticipando ad esempio i soggetti fragili tra i 60 e 70 anni e altre categorie a rischio».


Il sospetto


Resta un dubbio: Pfizer penalizza l’Italia e l’Europa perché altri Paesi - dai ricchi Emirati Arabi agli Stati Uniti - pagano di più? Alla conduttrice di Domenica In, Maria Venier, che gli ha posto questa domanda, Arcuri ha replicato: «Non posso rispondere, le posso fare un sorriso...». Come dire: sì, il sospetto c’è ed è pesante. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero