OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Il centro di gravità è sempre Montecitorio. Da qui, prima di entrare negli uffici di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni predica «prudenza». Assediata dai giornalisti prima di incontrare - dietro un evidente voto del silenzio - i fedelissimi Francesco Lollobrigida, Giovanni Donzelli, Fabio Rampelli e Lavinia Mennuni, Meloni invita tutti a non lasciare correre troppo la fantasia nel gioco del toto-ministri e a concentrarsi sui dossier più caldi. «Bisogna cercare di fare presto.
Ci sono troppe scadenze importanti» dice, sottolineando come di conseguenza non vi sia nulla di strano nel dialogo con il governo attuale: «Penso che persone normali che cercano di organizzare una transizione ordinata nel rispetto delle istituzioni facciano una cosa normale, non è che si fa un inciucio».
I NOMI
Eppure nomi e candidature per il nascente esecutivo di «alto profilo» continuano inevitabilmente a susseguirsi. D’altro canto i nodi che preoccupano i vertici di FdI sono gli stessi da giorni: da un lato la necessità di piazzare due nomi non “semplici” come Matteo Salvini e Licia Ronzulli, dall’altro la presenza più o meno massiccia di tecnici all’interno dell’esecutivo. E del resto se Meloni spinge per una compagine piuttosto corposa di non politici, è anche per «un problema numerico». Secondo Donzelli infatti, a causa del taglio del numero di deputati e senatori «mettere troppe persone al Governo che devono stare in Aula rischia di non garantire la serietà della maggioranza».
In altri termini, questa la tesi di FdI, sottrarre energie alle Camere (specie al Senato) rischierebbe di rendere difficile la partita delle Commissioni.
LA LEGA
Da qui arriveranno buona parte dei grattacapi di FdI. In primis perché, salvo sorprese, oggi il Carroccio confermerà a Salvini il mandato a puntare al Viminale, con l’idea di recuperare il consenso perso alle urne. Una casella che però Meloni non ha alcuna intenzione di concedergli, anche per evitare fraintendimenti con Bruxelles. Il rischio, in pratica, è che si arrivi ad uno scontro frontale che rallenti ulteriormente le operazioni che si punta a chiudere nel giro di 20 giorni. Anche perché via Bellerio avrebbe in realtà già ottenuto un precocissimo via libera sui leghisti da impiegare (Giulia Bongiorno, Armando Siri e Alberto Gusmeroli tra gli altri) e sul resto dei ministeri richiesti: Agricoltura (per Gian Marco Centinaio), Infrastrutture (per Edoardo Rixi) e Disabilità.
LE SPINE AZZURRE
Ma le spine per FdI non sono solo leghiste. Mentre per il Welfare e lo Sviluppo economico resta tutto in sospeso dietro ai nomi di Luca Ricolfi e l’improbabile riconferma di Giancarlo Giorgetti, c’è anche FI da accontentare. Se il coordinatore Antonio Tajani (papabile anche ad essere uno dei due vicepremier con Salvini) è considerato in corsa per Esteri e Difesa e ieri ha avallato un esecutivo con «qualche tecnico», tra le richieste di FI preoccupa e non poco la prova di forza tentata da Berlusconi su Ronzulli. Per la fedelissima il Cav vorrebbe un ministero di peso come Scuola o Salute. Caselle su cui però, secondo i boatos, Meloni dirotterebbe altri profili. Se non due tecnici, anche politici considerati più ferrati come i leghisti Giuseppe Valditara e Mario Pittoni o in extrema ratio l’azzurra Anna Maria Bernini (con Gianfranco Miccichè a quel punto promosso capogruppo al Senato). Mentre per la Salute, in pole sembra esserci il presidente della Croce rossa internazionale Francesco Rocca, avanti all’azzurro Andrea Mandelli e al super-tecnico Guido Rasi. Resta sullo sfondo per Ronzulli lo sbarco alla Famiglia, ma «è un ministero di terza fascia» spiegano fonti di FdI, «non accetterà».
Il risiko in pratica, è tutt’altro che a un punto di svolta. Anche perché, oltre a Maurizio Lupi destinato ai Rapporti con il Parlamento, andrà concesso spazio a diversi luogotenenti meloniani: da Edmondo Cirielli (in corsa alla Difesa insieme a Urso), a Daniela Santanché per il ministero del Turismo, fino a Giovanbattista Fazzolari (papabile sottosegretario a palazzo Chigi) Rampelli, Maurizio Leo e Ignazio La Russa.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero