Gregoretti, via libera al processo a Salvini. La maggioranza diserta il voto

Il primo round sul caso Gregoretti si è chiuso e manda a processo Matteo Salvini. Lo ha deciso la Giunta delle immunità del Senato con il voto cruciale della Lega e...

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Il primo round sul caso Gregoretti si è chiuso e manda a processo Matteo Salvini. Lo ha deciso la Giunta delle immunità del Senato con il voto cruciale della Lega e l'Aventino della maggioranza. Paradossalmente, ma in linea con la contromossa dell'ex ministro dell'Interno che da ieri chiede ai 'suoi' di «tagliare la testa al toro», è proprio il partito del 'capitanò a mandarlo ko. Lui risponde annunciando che digiunerà per un giorno, in vista del voto finale. Proprio come gli italiani a cui ha lanciato l'idea attraverso il sito 'DigiunoperSalvini.it'. Decisivi in Giunta, i 5 leghisti che bocciano la relazione del presidente Gasparri, che chiedeva di negare l'autorizzazione a procedere per Salvini.


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Insomma un no che significa sì al processo. Ad approvare la relazione, solo Forza Italia e Fratelli d'Italia, visto che per protesta la maggioranza e due senatori del Misto disertano la seduta e il voto. La sesta riunione della commissione si chiude quindi con un pareggio (5 leghisti pro autorizzazione, contrari 5 tra forzisti e il senatore Alberto Balboni di FdI). Ma per il regolamento del Senato, in questo caso, 'vincono' i no alla proposta del presidente. Il secondo round si giocherà nell'aula del Senato tra un mese ma dipende se ci sarà una richiesta esplicita di voto da parte di almeno 20 senatori. Appena saputa la notizia, l'ira dell'ex vicepremier risuona in un comizio a mezz'ora da Bologna: «Quelli del Pd non hanno neanche la faccia di difendere la loro idea. Vogliono mandarmi a processo e decidere dove, come e quando».

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Subito dopo fa appello a tutti gli avvocati che vorranno partecipare alla sua difesa («Apriremo un indirizzo email ad hoc», annuncia) e conta di averne «500 o mille» in quello che ormai definisce un processo agli italiani. In mattinata, a Comacchio, aveva sollecitato il verdetto citando Guareschi: «Lui diceva che ci sono momenti in cui per arrivare alla libertà, bisogna passare dalla prigione. Sono pronto». Non 'abboccà Luigi Di Maio: per l'ex alleato «Salvini è passato dal sovranismo al vittimismo, ma è solo tattica». Anche i giallorossi, compatti, non ci stanno. L'abbandono del campo era nell'aria e spinto dalle proteste dei giorni scorsi contro la presidente del Senato Casellati, per aver dato l'ok al voto il 20 gennaio. Cioè sei giorni prima delle regionali in Emilia-Romagna e Calabria. Con il rischio, secondo Pd e M5s, di concedere al leader sei giorni di comizi da 'condannato', per colpa della maggioranza. Da qui la decisione, unitaria, di dire no a «una pagliacciata». «Questa giunta é illegittima, non ci doveva essere», argomenta il capogruppo Dem Andrea Marcucci al termine di una riunione insieme a 5S, Italia viva e gruppo Misto.
 
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Per Davide Faraone, presidente dei senatori di Iv, «avremmo voluto che la Giunta valutasse le carte ma Salvini è interessato solo alla campagna elettorale e non gli consentiremo di fare il Gabriele Paolini della situazione». Così alle 17 la Giunta si riunisce con 12 senatori in meno, oltre all'assenza per malattia di Meinhard Durnwalder delle Autonomie. Ma il numero legale c'è (8 senatori) e dopo le critiche a chi «è scappato per paura», si va al voto. Il sì o no è sulla proposta Gasparri ed è la Lega a fare la differenza. Ma uscendo dalla riunione la leghista Erika attacca gli assenti: «Hanno fatto male i loro conti, perché Salvini non ha nulla da nascondere». E incalza: «Ora dobbiamo smascherare il bluff. Vediamo se l'Italia ha intenzione di condannarlo». Dopo il voto, è anche il premier a smarcarsi: «Ho già chiarito sul mio coinvolgimento», ribadisce Giuseppe Conte sul Nove e ricorda che l'ex titolare del Viminale «aveva fatto approvare un decreto sicurezza bis che rinforzava le sue competenze, ha rivendicato a sé la scelta di se o quando far sbarcare le persone a bordo della Gregoretti».
 

E conclude: «Circa il mio ruolo sull'indirizzo generale io ci sono». Il prossimo appuntamento è dunque in Aula al Senato a metà febbraio dove la Lega tornerà a votare a favore del processo: «Sì, sono testone. Sono curioso, faccio di testa mia e non ascolto i legali», spiega Salvini.
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