Covid, Ricciardi: «Varianti del virus pericolose, serve un mese di zona rossa»

«Pfizer ha appena annunciato che tornerà alla normalità con le forniture, speriamo che si possa recuperare. Ma io sono preoccupato perché...

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«Pfizer ha appena annunciato che tornerà alla normalità con le forniture, speriamo che si possa recuperare. Ma io sono preoccupato perché l’organizzazione di una vaccinazione di massa ancora non è stata perfezionata, dobbiamo farci trovare pronti quando avremo un numero sufficiente di dosi. E poi abbiamo ancora troppi casi, serve per un mese che tutte le regioni siano in fascia rossa. Altrimenti ci troveremo nella situazione drammatica che ora stanno vivendo Spagna e Portogallo». Il professor Walter Ricciardi, docente di Igiene all’università Cattolica di Roma e consulente del ministro della Salute, segue con apprensione l’evolversi della pandemia in Europa. Le notizie che arrivano dalla Gran Bretagna, con una variante che si trasmette più rapidamente e che potrebbe essere anche più letale (almeno secondo quanto prospettato dal primo ministro Boris Johnson) non rassicurano. Inoltre, rischiamo di pagare l’irregolarità delle consegne dei vaccini di Pfizer, ma anche di AstraZeneca.

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Professore, è preoccupato dal rallentamento della campagna vaccinale?
«Spero che si possa recuperare. Pfizer ora ci dice che recupererà in termini di consegne. Non dispero, penso che ci sarà questo aggiustamento che comunque è collegato a un potenziamento della produzione. Sono fiducioso, possiamo recuperare».


Resta il fatto che AstraZeneca, su cui puntavamo molto, ha confermato un taglio del 60 per cento.
«Vero, ma penso che non comprometterà la campagna vaccinale. Penso che invece è su un altro fronte che dobbiamo fare attenzione: serve un reale salto di qualità sull’organizzazione della vaccinazione di massa».

Cosa la sta preoccupando? Cosa potrebbe non funzionare su questo fronte?
«Non dico che le cose non stiano funzionando, però dobbiamo farci trovare pronti nel momento in cui, come tutti speriamo, arriveranno molte dosi dei vaccini. Al momento questa certezza non c’è. Vedo che c’è ancora tanto disorientamento: quale sarà il meccanismo di prenotazione? Dove si faranno le vaccinazioni? Penso che siano dubbi da chiarire quanto prima».

I tempi più lunghi per la vaccinazione avranno anche come conseguenza che dureranno di più i provvedimenti di limitazione della circolazione, a partire dal sistema dei colori nelle Regioni?
«Non penso che in questo ci sarà uno scostamento anche perché ormai è chiaro che sarà una battaglia di lungo respiro. L’immunità di gregge l’avremo solo quando vaccineremo il 70-80 per cento della popolazione e secondo me siamo ancora in grado di riuscirci entro la fine dell’anno. Se ci organizziamo bene, però».

 

 

Ma il sistema dei colori delle Regioni ci accompagnerà per tutto il 2021?
«Difficile a dirsi, ma questo sistema comunque rallenta la curva epidemiologica, la tiene sotto controllo. Ma non serve a a riportare i numeri a dei livelli che, secondo l’Ecdc (l’agenzia dell’Unione europea per la prevenzione e il controllo delle malattie), sono compatibili con la normalità: i 50 casi ogni 100mila abitanti. Con il semplice sistema dei colori, questo obiettivo non lo raggiungeremo. Un’inversione di tendenza può avvenire solo con misure più energiche. E sono necessarie alla luce delle varianti che stanno arrivando che sono più contagiose, a partire da quella inglese. Secondo i colleghi britannici è anche più letale».


Lei inserirebbe tutte le Regioni nella fascia rossa?
«Sì, per almeno tre o quattro settimane. Dobbiamo stroncare subito la diffusione di nuove varianti. Dopo avere rallentato il contagio, si può ripartire a regime con testing, tracciamento e campagna vaccinale».

Le misure della fascia rossa comunque sono meno rigorose del lockdwon che abbiamo vissuto a marzo. Sarebbero sufficienti per abbattere il contagio?
«Sì, l’importante è farle rispettare. Altrimenti rischiamo il lockdwon, come probabilmente farà invece presto la Francia. E guardiamo a ciò che sta succedendo in Spagna e Portogallo. Rischiamo la stessa esplosione del contagio. Inoltre, in questo contesto, con la diffusione della variante inglese, tutti i paesi stanno chiudendo le scuole, dobbiamo pensarci anche noi. Vedo che in nord Europa hanno sospeso le lezioni anche alle elementari, a causa della variante inglese».

Ritiene che per accelerare la vaccinazione dovremmo ampliare la scelta dei prodotti attingendo anche tra quelli sviluppati in Russia e Cina?
«Sì, ma solo se saranno autorizzati dall’Ema».

Ritiene utile l’introduzione di un certificato vaccinale?


«Senza dubbio. Deve esserci una forma di attestazione che dia la possibilità a chi è vaccinato di dichiararlo. Potrebbe fare ripartire molte attività e diventare anche un incentivo a vaccinarsi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero