Renzi, la scissione scuote anche Forza Italia. Carfagna: «Renzi un competitor». Ma molti azzurri sono tentati

Carfagna smentisce categoricamente di voler andare con Renzi o di voler costituire una corrente o un'associazione. Nessuna prova muscolare, «solo una cena tra...

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Carfagna smentisce categoricamente di voler andare con Renzi o di voler costituire una corrente o un'associazione. Nessuna prova muscolare, «solo una cena tra amici, nulla che possa impensierire il coordinamento nazionale di Forza Italia». Ma la sua riunione conviviale con un gruppo di parlamentari tenutasi in un ristorante romano presenti circa in 40 tra deputati e senatori è diventata un caso. Un altro segnale di quel malessere che ormai da tempo attraverso il partito azzurro. La vicepresidente della Camera ha informato nei giorni scorsi il Cavaliere dell'appuntamento, gli ha garantito che dietro quegli inviti non c'è alcuna rivendicazione interna, né la volontà di congiurare. L'ex premier le crede, naturalmente, ma i vertici azzurri non hanno apprezzato.


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Hanno perfino tentato di organizzare una «cena» parallela, cercando di convincere Berlusconi a riunire un tavolo sulla legge elettorale, in risposta alle istanze di Salvini che gli ha dato del prendere-o-lasciare: «O tieni unito il gruppo e appoggi i quesiti referendari oppure scordati della piazza e di un'alleanza», il messaggio del Capitano. Il Cavaliere è convinto che quando interverrà lui a Viterbo, sabato prossimo il partito si placherà e tutti lo seguiranno. Ma per ora non è così. Perché l'allarme lanciato dalla Carfagna («la scalata renziana è un problema anche per Forza Italia perché arriva un nuovo competitor nell'area moderata») è reale. Circa venti deputati e quasi altrettanti senatori guardano con interesse alla nascita di un progetto di centro, lontano anni luce dal salvinismo. La vicepresidente della Camera raccoglie il malessere, vorrebbe che il partito marciasse con la schiena dritta, che ci fossero novità e non immobilismo. I suoi sono ancora più netti: «E' arrivato il momento che venga nominata coordinatrice unica», afferma un senatore.

LE CONVERGENZE
Ma pure il fronte che si è adunato attorno a lei è diviso: una parte non vuole neanche sentir parlare di possibili convergenze future con Renzi, altri invece chiedono che si faccia alla Camera e al Senato un'operazione simile a quella dell'ex premier, ovvero che si costituiscano dei gruppi autonomi per poter poi convergere con Italia viva'. Di mezzo poi c'è il discorso della legge elettorale: il modello proporzionale attrae, mentre Berlusconi prende tempo. A Montecitorio tra i più attivi nell'invocare una strada diversa da quella di FI ci sono deputati come Polverini, Brunetta, Rotondi. A palazzo Madama i nomi sono quelli di Conzatti, Mallegni, Causin ed almeno altri dieci. Berlusconi ha contattato i malpancisti semper più tentati da un dialogo con Renzi uno ad uno. Ma con i sondaggi che danno il partito ampiamente sotto il 10% l'ex premier al momento ha pochi strumenti per frenare le intenzioni di chi non ci pensa proprio a scendere in piazza con Salvini il 19 ottobre.
 

«Senza di me nessuno va da nessuna parte», continua a dire il Cavaliere. «No, ormai non decide più lui», l'obiezione di tanti. Lo scontro è sempre più acceso tra i forzisti. «Bisogna ricominciare a far politica. FI rischia di dover competere nell'area dei moderati con un soggetto politico guidato da un leader di grande visibilità e proveniente da una tradizione diversa», osserva la Carfagna. «Non possiamo e non vogliamo minimizzare la nascita dei gruppi renziani, ma allo stesso tempo sarebbe sbagliato legittimarli. Si discuta nel partito non a cena», la reazione della Gelmini. Alcuni berlusconiani interpretano la querelle come una guerra tutta al femminile: lettura piuttosto manieristica e che non affronta il nodo di fondo. Con Renzi in campo e Salvini che non è disposto a tornare ai tempi in cui FI e Lega erano una comunità in cui ci si metteva d'accordo perfino sul menù delle cene, l'ex premier è chiamato di nuovo a far da paciere. Il suo timore è che il partito possa scoppiargli di mano e in troppi seguire la sirena renziana.

Emilio Pucci
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Il Messaggero